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sabato 9 marzo 2013

Pinocchio di Carlo Cossio

Una straordinaria novità: la riproposta, per la prima volta in oltre SETTANTASEI anni, di un piccolo capolavoro della Letteratura a fumetti italiana: il PINOCCHIO di Carlo Cossio, apparso a puntate nel 1937 sull'omonimo settimanale edito dalla SAEV di Lotario Vecchi!


Per i tipi del GAF-Firenze. Informazioni presso info@gaf-firenze.it

Ecco qua la seconda e la terza di copertina dell'albo, con tutti i particolari. Grazie a Sergio Lama, collezionista, storico e critico del Fumetto, per la gustosa anticipazione e naturalmente per tutto il lavoro!
 
 
 
 
 
 

domenica 16 ottobre 2011

L’avventuroso 13 (1936 - sesta parte)


1936
Dove eravamo rimasti?
Ho lasciato troppe schede a metà, alcune da moltissimo tempo. Cercherò di chiuderne alcune, ma per il momento, anche per scaldare di nuovo il “motore”, riannodo il filo de L’Avventuroso, rimasto in sospeso nel 1936 con l’arrivo in Italia de L’Uomo Mascherato, ovvero The Phantom di Lee Falk e Ray Moore.


In questo post dicevo che Nerbini acquista Phantom lo stesso giorno in cui la serie giornaliera esce negli Stati Uniti, il 17 febbraio 1936. Le ricerche condotte da me, da Fabio Gadducci e da Sergio Lama per il libro del quale vedete il… puzzle della copertina in questo post (a prestissimo per tutti i particolari), hanno appurato che poche settimane dopo la serie era stata (inutilmente) richiesta anche da Lotario Vecchi, l’editore de L’Audace.





All’inizio, Lee Falk pensa di dotare il suo personaggio di un’identità segreta: è questo probabilmente il ruolo del personaggio di Paolo Rosi (nell’originale Jimmy Wells), nella tavola qui sotto, messa a confronto con la striscia originale. Ma non rivedremo mai più il simpatico playboy, perché – giustamente – Falk preferirà lasciare al suo eroe la massima aura di mistero, presentandocelo sempre col suo inconfondibile costume o con un improbabile soprabito per tutte le stagioni. Al pubblico femminile il rapporto dell’Ombra che Cammina con la frizzante Diana Palmer/Palmesi resta particolarmente congeniale, e L’Avventuroso vede impennarsi ancora di più le proprie vendite, che in questo periodo – si dice – sfiorano le 500.000 copie settimanali.






I segnali sono estremamente incoraggianti. Col numero 113 del 6 dicembre, L’Avventuroso dedica tutta l’ultima pagina a L’Uomo Mascherato: diverranno due (il prestigioso paginone centrale) di lì a poche settimane, con interventi decisamente poco corretti sulle strisce, come vedremo. E come il librone di prossima pubblicazione (430 pagine illustratissime, anche a colori!) racconterà nel dettaglio.


Per questo ci vediamo a Lucca, peraltro…


La mia personale preferenza va comunque a Mandrake, sempre di Falk e disegnato da Phil Davis, l’elegantissimo e autoironico Mago che – mi sorprende – oggi è considerato corny dal pubblico anglosassone, che invece ancora ama The Phantom. Mah, sono i misteri del comicdom, come si diceva una volta…


Comunque con questi numeri si archivia il 1936. Ci attende l’anno più importante di quella che mi piace chiamare la comics craze, per assonanza con la swing craze della musica jazz. Ma all’orizzonte si profilano nubi minacciose, per i comics americani in Italia e per la Casa Editrice G. Nerbini in particolare.
Alla prossima.




martedì 5 aprile 2011

Il catalogo degli Anni Trenta

Mi dispiace moltissimo trascurare in questo modo il mio blog, ma la scrittura di un grande saggio sul Fumetto in Italia negli anni Trenta e Quaranta, insieme a Fabio Gadducci e Sergio Lama, mi porta via tutto il tempo.
Proprio in una delle "battute di caccia" alla ricerca di immagini rare, per il libro di cui sopra (vi darò qualche particolare appena l'editore me lo permetterà, d'accordo Andrea?) ho fotografato, da uno dei più grandi collezionisti italiani, un particolarissimo album di figurine.


La Superraccolta Jumbo Zàini, della metà degli anni Trenta, ha il suo fascino d'epoca che condivide con raccolte analoghe, prima fra tutte la Topolino Elah del 1936, ben conosciuta e accanitamente collezionata (anche da me). Notate il cromatismo e la grazia delicata delle immagini.
Ma, in più rispetto a tante altre, questa raccolta è un autentico Catalogo degli anni Trenta. L'insieme delle figurine, infatti, che si trovavano nei prodotti dolciari Zàini e nei settimanali della SAEV di Lotario Vecchi, costituiscono un insieme apparentemente disorganico e caotico che in realtà raccoglie tutte (o quasi) le icone del decennio, ovvero i personaggi, reali o di fantasia, che popolavano l'immaginario degli anni Trenta italiani.
Credo sia interessante analizzare queste immagini, per verificare se quanto ho appena scritto è giusto e anche per vedere se gli anni Trenta sono ancora in qualche modo vivi, nel mondo iconico del nuovo, avanzato Millennio.
Un po' per volta, d'accordo? Intanto eccovi le prime pagine. Le commenteremo, se vorrete, nei prossimi giorni.



sabato 13 novembre 2010

L’Audace terza versione: numeri 60-181 (1935-37) - Quarta parte

1935 (luglio-dicembre): arriva Drakeman/Mandrake!





In prima pagina de L’Audace, piomba nella foresta di Tarzan un’intrepida emula di Amelia Earhart, che dà una sterzata imprevista alla saga del Signore della Giungla. Intanto, la pagina dedicata a La Pattuglia Volante (Radio Patrol di Eddie Sullivan e Charlie Schmidt) ospita anche

mercoledì 3 novembre 2010

L’Audace terza versione: numeri 60-181 (1935-37) - Terza parte

1935 (giugno-agosto)


Esaurito il tourbillon lucchese e jacovittiano, torniamo alla nostra storia "in diretta" del Fumetto in Italia, e riprendiamo la vicenda de L’Audace. Ho detto, nell’ultimo post dedicato all’ “anti-Avventuroso” della SAEV, che Brick Bradford passa molto presto dalla prima pagina del giornale a quelle interne, abbandonando anche il disegno della testata, e ciò perché non incontra il favore dei lettori. Questo è senz’altro vero, perché conosciamo gli sviluppi delle vicende editoriali successive, ma oggi, nel maggio 1935,

giovedì 14 ottobre 2010

L’Audace terza versione: numeri 60-181 (1935-37) - Seconda parte

1935 (marzo-maggio)


Brick Bradford è ricordato dagli appassionati di syndication classica per le lunghissime storie in daily strips, scritte da William Ritt e disegnate da Clarence Gray: etnologia, archeologia, fantascienza; intrighi complessi e affascinanti. Le sunday pages de L’Audace, come ho già detto, sono invece del tutto diverse: il biondo protagonista è lo stralunato visitatore di un mondo vagamente alieno, a metà fra la civiltà

domenica 10 ottobre 2010

L’Audace terza versione: numeri 60-181 (1935-37) - Prima parte

1935 (febbraio)


Le cose cambiano di colpo col leggendario numero 60 del 23 febbraio 1935. L’uscita del numero è annunciata, oltre che dai redazionali che abbiamo visto nel post precedente, anche da uno dei soliti volantini pubblicitari, distribuiti gratuitamente nelle edicole:


domenica 3 ottobre 2010

L’Audace seconda versione: numeri 35-59 (1934-35)

1934 - 35


L’Audace prima versione dura solo per 34 numeri. L’ultimo appare il 25 agosto 1934: data non sospetta, in quanto precedente all’esplosione della “bomba” de L’Avventuroso (metà ottobre). Dunque il giornalino muore – nella sua prima versione – solo per propria colpa. È nato infatti quando sia Jumbo che Topolino avevano già imposto il nuovo linguaggio a fumetti, e con un’impostazione talmente superata che la stessa decisione di lanciarlo in edicola appare incomprensibile.

martedì 14 settembre 2010

Jumbo – nona parte

1935 - 2


Concludiamo dunque le vicende di Jumbo nell’anno 1935. Quelli mostrati nel post precedente non sono i soli comics americani pubblicati su Jumbo in questo anno: continuano infatti le avventure del cagnolino Flick (Pete's Pup), la serie di Clarence D. Russell che è il

martedì 7 settembre 2010

Jumbo – intermezzo

Cercando tutt’altro, ho trovato una serie di fotocopie che mi aveva spedito molti anni fa Ezio Ferraro, il proto-collezionista italiano e autore di fondamentali saggi sulla storia del Fumetto, fra cui Storia del giornalinismo italiano (Sgt: Kirk, 1969), che ho messo in linea nei primi tempi di questo blog e Lotario Vecchi Editore (Comic Art, 1974), che ho citato svariate volte. Si tratta di alcune pagine di celebri – ancorché remoti – settimanali britannici, con le tavole degli eroi di Jumbo.


Cominciamo con nientepopodimeno che la prima tavola di Rob The Rover di W. Booth, ovvero l’inizio dell’epopea di Lucio l’avanguardista. È tratta da Puck del 13 maggio 1920, ed è molto interessante notare che tutto inizia con la classica coppia orfanello/a con cane: una tradizione che negli USA ha la sua massima espressione, anche “avventurosa”, in Little Orphan Annie, nata però ben quattro anni dopo:



Il cagnetto, comunque, è già scomparso il 23 ottobre 1920, mentre...

mercoledì 25 agosto 2010

Jumbo – ottava parte

Annata 1935 - 1


Abbiamo lasciato Jumbo, il primo “giornalino” italiano, alla fine del 1934, quando Topolino era ormai lanciato e da quasi tre mesi impazzava L’Avventuroso, il giornalone nerbiniano che aveva portato in Italia la rivoluzione dei comics americani, spiazzando tutti gli editori di periodici rivolti...

domenica 18 aprile 2010

L’avventuroso 3 (1934)

1934, fine


Flash Gordon, come ho già detto, è una storia a soggetto, senza sceneggiatura pianificata. Le cose accadono in modo apparentemente casuale e le situazioni si ripetono spesso uguali (Gordon salva la ragazza di turno in pericolo dal mostro in agguato), con minime variazioni sul tema: si chiama iterazione narrativa. L’autore dei testi (Don Moore o forse Raymond stesso, all’inizio) non sa bene dove andare a parare. L’effetto, spesso, è irritante; talvolta involontariamente comico. Talvolta, dico: perché la carica avventurosa e la forza profonda di questo fumetto, come altri degli anni Trenta, colpiscono ancora oggi, nel 2010.

domenica 14 febbraio 2010

Jumbo – sesta parte


Jumbo è anche la culla del Fumetto italiano “moderno”. È vero che autori come Antonio Rubino e Attilio Mussino sono attivi sul Corriere dei Piccoli fin dal 1908, e che nel 1933, personaggi come Il signor Bonaventura di Sergio Tofano hanno quasi vent’anni di “carriera” alle spalle. Ma Jumbo, come si è visto e come vedremo, è un crocevia fondamentale, un momento di svolta: il giornalino esce proprio quando, soprattutto negli Stati Uniti, le cose cambiano drammaticamente e le novità si susseguono in modo parossistico, pronte a invadere il nostro mercato. Su Jumbo, fra il 1933 e il 1936, alcuni giovani autori italiani colgono questo poderoso vento di novità e sperimentano nuovi linguaggi, nuove forme grafiche e nuovi contenuti, un po’ imitando le strisce d’Oltreoceano, un po’ creando cose originali.

Gli inizi non sembrano granché promettenti. Fra i primissimi italiani, c’è un non meglio identificato Amadio, dallo stile simile a quello del celebre Yambo (Enrico Novelli), con una storiella dal sapore quasi ottocentesco:



Nello stesso 1933 appare un nome che pochi anni dopo, in casa Mondadori, farà faville. Si tratta nientemeno che del capostipite degli sceneggiatori italiani di fumetti “avventurosi”, ovvero il grandissimo Federico Pedrocchi:


Le “Visioni romane” di Pedrocchi sono quanto meno imbarazzanti, dal lato dei testi, e graficamente e strutturalmente sono solo approssimative imitazioni dei fumetti inglesi. Non lascerebbero presagire nulla di buono. Pedrocchi è un mediocre disegnatore, abbandonerà presto matita e pennello per dedicarsi alla macchina da scrivere.
Va un pochino meglio con la serie de I Fratellini, celebri clown dei primi del Secolo scorso:



Su I Fratellini in carne ed ossa, trovate notizie interessanti qui; gli artisti sono rammentati con struggente malinconia anche nel film di Federico Fellini I clowns. Federico Pedrocchi, ormai passato stabilmente alla sceneggiatura, nel 1935 favorirà la pubblicazione, su “I tre Porcellini”, di un altro fumetto su quella famiglia di clown. Ma di questo ed altro, magari, parleremo in seguito, quando Pedrocchi diventerà il punto di riferimento del Fumetto italiano.

Altro grande autore, presente sulle pagine di Jumbo fin dal 1933, è Pier Lorenzo De Vita. Conosciuto oggi quasi esclusivamente per i suoi fumetti disneyani, è stato attivo con serie umoristiche sul Corriere dei Piccoli (Martin Muma) e altrove. Su Jumbo, nel 1934, pubblica Le gaie prodezze di Tic e Tac:





In seguito, Pier Lorenzo De Vita sarà tra i primissimi a “convertirsi” al Fumetto “avventuroso” di ispirazione statunitense, con esiti notevolissimi e quasi sperimentali, specie sulle testate Mondadori, su soggetti giust’appunto di Pedrocchi (La Primula Rossa del Risorgimento, Saturnino Farandola, ecc.).



Ma chi è, Lotario Vecchi? Chi, i suoi primi collaboratori? Il blogger Fabrice mi ha scritto segnalando il suo interessante post su Comics Vintage in cui si è occupato dell’edizione francese di Jumbo: in effetti Vecchi, col marchio SAEV, distribuisce le sue pubblicazioni sia in Europa che in America latina. Ezio Ferraro, nella sua monografia Lotario Vecchi editore, pubblicata come supplemento alla rivista Comics (in realtà è il n. 14 dell’anno X, dicembre 1974), racconta nei particolari l’avventurosa storia di Lotario, nato nel 1888 a Parma, trasferitosi giovanissimo in Spagna, dove inizia l’attività di editore di “dispense” (i fascicoli settimanali con romanzi d’appendice). Vecchi si circonda di familiari e connazionali, e ne spedisce alcuni in vari Paesi, non solo di lingua spagnola, consolidando un vero e proprio impero: Portogallo, Brasile, Argentina, Cile, Cuba, Uruguay, Messico… La storia del fratello Arturo, fondatore di un altro impero con centro a Rio de Janeiro, è degna di un romanzo.
Lotario Vecchi, nel primo Dopoguerra, fa base in Germania, a Lipsia, città dalla quale spedisce un’enorme quantità di pubblicazioni in lingua spagnola, via Monaco e Amburgo, fino in Sud America!



Ma dicevo che la SAEV è la culla del Fumetto italiano: è una storia fatta di persone e di sigle editoriali oggi celebri, che in un modo o nell’altro fanno capo a Lotario Vecchi. Quando questi rientra in Italia, nel 1923, a Torino assume come semplici piazzisti i fratelli Pacifico (Cino), Domenico (Mimo) e Alceo Del Duca, futuri editori in proprio (L’Intrepido, Il Monello). Nel 1929 cerca di lanciare un clone del Corriere di Piccoli in Brasile, Mundo Infantil, senza successo. Nel 1932, per il lancio in Italia di Jumbo, acquista i diritti dei fumetti inglesi dell’Amalgamated Press, rappresentata in Italia dall'agenzia Helicon, diretta da Umberto Mauri e controllata da Mondadori: è così che il colosso milanese, indirettamente, si avvicina al Fumetto. Fra i primi collaboratori di Jumbo, abbiamo visto, ci sono Federico Pedrocchi e il misterioso Enwer Bongrani, possibile autore dei “falsi” di Lucio l’avanguardista. Ma fra impiegati e tipografi incontriamo i nomi di Agostino Della Casa e Gino Casarotti (futuro editore col marchio Dardo), che nell’Anteguerra lanciano la casa editrice Juventus e il personaggio di Dick Fulmine, che rifluirà anche sull’Audace SAEV e Mondadori. E poi Gino Arcaini, fino al leggendario Gian Luigi Bonelli, che ad un certo momento prenderà saldo il timone nelle sue mani…


lunedì 25 gennaio 2010

Jumbo – prima parte

Come d’uso negli anni Trenta, nel dicembre 1932 viene distribuito nelle edicole un volantino pubblicitario gratuito:


Notiamo che Jumbo è rivolto ai “bimbi”, ma nello “strillo” si parla di “ragazzi”: un target, diremmo oggi, piuttosto ampio e solo in parte sovrapponibile a quello del Corriere dei Piccoli. Altro dato importante, il settimanale costa solo 20 centesimi, ben dieci in meno rispetto al prestigioso concorrente, benché quest’ultimo conti il doppio delle pagine. Ma, nel 1932, dieci centesimi in meno, ogni settimana, sono un piccolo capitale.

La serie principale, con il personaggio eponimo, e buona parte di quelle secondarie, sono inglesi. L’elaborata testata imita in modo efficace quella del britannico "Rainbow" edito dall’Amalgamated Press fin dal 1914, da cui provengono Jumbo e amici, ovvero Tiger Tim e i Bruin Boys di Herbert Foxwell. Già da questo volantino notiamo che, a differenza del Corrierino, Jumbo conserva i fumetti, ovvero i balloons, senza le ormai stantie didascalie in rima. Per gli storici del Fumetto, è proprio questa la novità “rivoluzionaria”, ma come vedremo fra non molto, forse è stata un po’ sopravvalutata.

La seconda e la terza striscia del volantino presentano fumetti americani, della potente agenzia di William R. Hearst, ovvero il King Features Syndicate. Sono vecchie conoscenze, per i lettori del CdP: nientemeno che Fortunino (Happy Hooligan) e La Checca (And Her Name Was Maud), entrambe di Frederick Burr Opper. Fortunino è assai meglio conosciuto da noi col nome di Fortunello, a lungo una bandiera del Corriere dei Piccoli. Consultando le schede di Giorgio Salvucci pubblicate su “Il Fumetto” e la fondamentale opera di Alfredo Castelli Eccoci ancora qui!, risparmiandomi così una lunga ricerca, scopro che Fortunello scompare dal Corrierino già nel 1920; poco dopo Nerbini di Firenze lancia addirittura un settimanale, "Il giornale di Fortunello", appunto. La serie ricompare sul Corriere dei Piccoli nel 1928, e da quella data è pubblicato ininterrottamente fino giusto al n. 1 del 1932. Dopo una parentesi di qualche anno su Jumbo, il settimanale di Via Solferino lo riprende per breve tempo nel 1934.
Frederick Burr Opper, scomparso nel 1932, fu uno dei grandi autori della prima generazione di cartoonist americani. Perché le sue creature, popolarissime in Italia, abbiano subito tali e tanti passaggi di mano, è un po’ un mistero.

La terza star, presentata in calce alla prima pagina del volantino, è una di quelle che faranno la differenza di Jumbo rispetto al Corrierino e agli altri settimanali. Si tratta ancora di una serie britannica, Little Snow Drop di Frank Jennens, apparsa per la prima volta nel 1927 su “Tiny Tots”. Su Jennens trovate molte notizie (e una foto) in questo pregevole blog. Da noi la serie si chiamerà Il segreto del nonno.
Cos’ha di particolare questa serie, oltre al fatto che anch’essa conserva i balloons originali? È un racconto avventuroso, anche se del tipo strappalacrime che verrà imitato di lì a poco da “L’Intrepido”. Cose simili, sotto forma di narrativa disegnata, in Italia non si erano mai viste (altrove certo sì: in Belgio c’è, dal 1929, nientemeno che Tintin). C’erano state, e ci saranno ancora per molti anni, le cosiddette “dispense”, ovvero lunghissimi romanzi popolari diluiti in uno sterminato numero di fascicoli settimanali. Ma, appunto, nessun fumetto del genere, né sul Corrierino né altrove.

La cosa è ancora più notevole per le serie pubblicizzate sul verso del volantino:



Lucio l’avanguardista, a differenza della serie di Jennens, non è affatto “strappalacrime”. Il protagonista è un adolescente, sul tipo degli eroi alla Horatio Alger, ma con un’intraprendenza e un aplomb tutti britannici. Inglese è, per l’appunto, il suo autore, Walter Booth, che lo lanciò nel 1920 su “Puck” col nome di Rob The Rover. Anche su questa serie ci sono preziose informazioni in un bellissimo blog. Ma chi è, nel 1932, un “avanguardista”? E perché il suo aereo, con il quale esplora i luoghi più fantastici del vasto mondo, si chiama “Dux”? È uno dei più sconcertanti e a suo modo divertenti episodi di cui è costellata fittamente la storia del Fumetto in Italia, e lo vedremo nel prossimo post.

Segue Ken Trevor, il tamburino di Drake, opera di S. Pride e Yorick, anche loro inglesi. Su queste serie “avventurose”, che risuonano coi primi film “parlati” giunti in Italia, molti dei quali raccontano meravigliose avventure alle quali sono particolarmente sensibili gli adolescenti, si fonda lo strabiliante successo di Jumbo. Come vedremo nel prossimo post.

venerdì 13 novembre 2009

BOMBOLO – CINE COMICO (seconda parte)

Il Fumetto umoristico inglese dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta ha un suo fascino particolare. Ebbe la “sfortuna” di approdare in Italia pochi mesi prima dello stravolgimento estetico-emotivo causato da Flash Gordon, Mandrake e compagni, nel 1934/35, e quindi apparve invecchiato di colpo. Inoltre, le lunghe didascalie in testo, quasi sempre superflue, ne appesantivano la lettura in modo insopportabile. In Gran Bretagna, quel modulo espressivo sopravvisse a lungo, ben oltre la Seconda Guerra Mondiale. Aveva la grazia un po’ perversa delle cose immutabili, ma alcune serie, come quelle che vi propongo, appaiono ancora oggi sorprendentemente “moderne”.



Su Bombolo e Stinchi ha scritto un bellissimo commento Luca Boschi, facendoci balenare fascinosi flashback italo-inglesi. Sergio Lama, sul prossimo Notiziario GAF, li lascia senza attribuzione. Io potrei azzardare che si tratti della serie Little Willie and Tiny Tim, che è una derivazione dei classici Weary Willie And Tired Tim, creati nel 1896 da Tom Browne per “Illustrated Chips”. Negli anni Trenta, entrambe le serie erano disegnate da Percy Cocking. O, almeno, così si evince da: 100 anni 100 eroi – Il Fumetto inglese di Denis Gifford, pubblicato nel novembre 1975 come n. 21 della rivista “Comics”, organo dell’allora Salone dei Comics di Lucca. Su un antico numero de “Il Fumetto” c’è un saggio analogo di Ezio Ferraro, vedrò di controllare anche lì.



I grandi film illustrati è una delle prime opere di Carlo Cossio. In uno degli ultimi post sul Vittorioso abbiamo già incontrato questo prolificissimo autore, membro di un terzetto familiare che realizzava gran parte del Fumetto italiano, tra le due guerre. Cercherò una sua biografia attendibile, per proporvela in uno dei prossimi post.
La SAEV di Lotario Vecchi fu, negli anni Trenta, la vera incubatrice del Fumetto italiano: ebbero lì i loro natali artistici non solo Carlo Cossio, ma anche Gianluigi Bonelli, per dire. Il tratto di Cossio è già maturo sul numero 18 di "Bombolo", in queste parodie dei grandi successi di Greta Garbo (qui Grata Gherbo, poi riprenderà il suo nome originale:








Wallà Peri è – ovviamente – Wallace Beery, gran divo della Hollywood anni Trenta, ispiratore di Pietro Gambadilegno. Era uso comune, all’epoca, storpiare, italianizzandoli, i nomi dei divi, con gustose varianti regionali: a Firenze, Spencer Tracy era “Spezza Trenci”, dove il “trenci” era il cappotto britannico, il trench.






Laurel e Hardy di George W. Wakefield imperversano un po’ in tutti I numeri di Bombolo, e in occasione del successo del film Fra’ Diavolo (The Devil's Brother, 1933) occupano la copertina con un potente “strillo”: