domenica 29 novembre 2009

Giorgio Bellavitis e gli altri – quarta parte

Non ci sono, lo sappiamo bene, solo Jacovitti e gli altri “mostri sacri”, sul “Vittorioso”. Grandi autori, oggi ingiustamente dimenticati, affollano le sue pagine. Vediamone alcuni, attivi fra il 1955 e la fine del decennio.
Franco Chiletto, classe 1897, appartiene alla prima generazione degli autori “avventurosi”, quella d’anteguerra. Negli anni Trenta disegna su varie testate, fra cui quelle edite dalla SAEV di Lotario Vecchi: è lì che incontra Gian Luigi Bonelli, che lo traghetta su “Il Vittorioso”, di cui si può considerare uno dei “padri fondatori”. Ma le sue cose migliori le produce per “Topolino” e per le altre testate mondadoriane, negli anni splendidi della direzione di Federico Pedrocchi: la sua opera più impegnativa è sicuramente la continuazione della saga di Faust, iniziata da Rino Albertarelli.
In questi tardi anni Cinquanta, Chiletto pubblica alcune storie sul “Vittorioso”, tutte di gran livello artigianale, con un irresistibile sapore d’antan, fra cui La tribù del fuoco spento, su testi di Paolo Vindice:





Un cuore nello spazio, apparsa anonima nel 1958, è attribuita da Giuseppe Matteucci a Mario Guerri (Matteucci è co-autore fella fondamentale guida al Vittorioso del Dopoguerra apparsa come supplemento a "Fumetto" n. 11 del 1994). Molto interessante per la realistica atmosfera postbellica – almeno all’inizio – la storia è in linea con altri esempi “resistenziali”, di cui ho già detto abbondantemente:




Il cavaliere nero, di un ignoto (almeno a me) Peter Jackson, è stata pubblicata nel 1952, ma l’avevo saltata e la propongo adesso, perché molto interessante, quanto meno dal lato grafico:







Ben noto mi è invece Raffaele Paparella, caposcuola di quel “neorealismo a fumetti” nato nell’immediato Anteguerra sulle pagine di “Topolino”. Forse il primissimo esempio del genere è la serie de La compagnia dei Sette, iniziata da Walter Molino e proseguita poi, fino all’alba degli anni Cinquanta, proprio da Paparella. L’autore è ben noto per il suo fondamentale contributo alla saga di Pecos Bill, molto meno per i suoi pregevoli contributi al Vittorioso, improntati a un realismo quotidiano, spesso “rosa” ma con risvolti che sorprendono e a volte sono perfino inquietanti. Nel 1956, Paparella disegna Gli introvabili documenti, un “giallo” su testi di De Barba:




Di notevole interesse, e a volte molto curiose, sono altre storie, sempre pubblicate fra il 1956 e il 1957:










Singolare il contributo di Giuseppe Perego, ben altrimenti noto come "Disney italiano" per la sua interminabile serie di copertine e storie realizzate per il "Topolino" formato libretto, a partire dal n. 43, in cui appare la storia Topolino e il satellite artificiale. Ma Perego ci sorprenderà ancora con sue… insospettabili collaborazioni Sempre, naturalmente, se riuscirò ad andare avanti con gli “scavi archelogici” nella mia collezione. Il messaggero di Ardea è del 1952:




Anche Renato Polese, classe 1927 e ancora oggi attivissimo in casa Bonelli (tutte le strade del Fumetto italiano portano a lui!), frequenta fin dal 1950 la via del Vittorioso al “neorealismo a fumetti”, per approdare poi, nel 1957, al fortunatissimo genere western:







“Bonelliano” di ferro è poi Sergio Tarquinio, famoso fra l’altro per una memorabile Storia del West: nato fumettisticamente con la “scuola argentina” di Pratt e Ongaro, sarà molto attivo negli anni Sessanta per “Superman” e “Batman” gestione Mondadori.




Infine (ma solo per il momento), interessante il contributo al Vittorioso di Nevio Zeccara, di cui vi propongo qualche tavola di fantascienza pubblicata negli anni Cinquanta: Uomini sulla Luna, su testi di Domenico Volpi, guarda un po’ a Hergè e un po’ a Hollywood; La via delle stelle, su testi di Danilo Fiorina, ricorda molto il segno di Victor Hubinon nel contemporaneo Buck Danny, su testi di Charlier. Uomini liberi, del 1957, è sorprendentemente moderna, con una stazione spaziale assai simile a quella kubrikiana di 2001 Odissea nello spazio. Anche se, occorre dirlo, già a quell’epoca si trattava di archetipi stratificati nell’immaginario collettivo.










venerdì 27 novembre 2009

Un piccolo mistero svelato

Vi ricordate i "piccoli quiz" che ho messo in linea nelle settimane scorse? Riguardavano l'identità di un paio di talentuosi disegnatori, troppo bravi... per essere veri ;-) pubblicati nel remoto 1946 sull'altrettanto dimenticato settimanale "L'ometto Pic". Le immagini, dato che non possiedo quella collezione, mi erano state fornite da Sergio Lama. Ebbene, l'amico Sergio, dotato, come già sapevo da tempo immemore, di grandi capacità filologiche e soprattutto di straordinaria intraprendenza e tenacia, ha addirittura scovato uno di quei disegnatori, ovvero il fantomatico Gianni Gianese, e lo ha intervistato!
Sergio Lama pubblicherà sul Notiziario Gaf, nel prossimo futuro, il risultato della sua brillante ricerca, ma per il momento regala a noi la seguente:

GHIOTTA ANTICIPAZIONE!

NEL PROSSIMO NOTIZIARIO G.A.F. (IL 38) PREVISTO PER MARZO 2010, L’INSERTO A COLORI DI SEDICI PAGINE SARA’ DEDICATO ALL’«OMETTO PIC»

di Sergio Lama



E’ stata dura! Ma ci siamo riusciti!
Un insperato colpo di fortuna ci ha permesso di contattare il Professor Gianni Gianese, che nei lontani anni 1945/1946 collaborò con l’«Ometto Pic» disegnando per le sue pagine alcune belle storie a fumetti.
Una lunga chiacchierata con il nostro cortese interlocutore, un giovanile signore classe 1928, ci ha permesso di chiarire alcune “zone d’ombra” e colmare diverse lacune circa l’attribuzione di storie a fumetti non firmate dagli autori.
Nell’immediato frenetico Dopoguerra romano, uno degli editori che iniziarono a stampare testate a fumetti è stato Fausto Capriotti, già titolare di un’importante tipografia, sollecito a cogliere al volo l’occasione e a trasformarsi in editore.



Prontamente acquisiti i diritti di stampa per quegli storici eroi americani del fumetto che nell’Anteguerra avevano fatto la fortuna della fiorentina casa editrice Nerbini, il Capriotti, servendosi anche di altre sigle editoriali quali S.E.P.I., la Modellismo, la Pegaso, La Meridiana, stampa testate per ragazzi, quali «L’Avventura»,«Giramondo», «Contastorie» oltre ad un infinito numero di albi, per la maggior parte dedicati alla riproposta delle avventure degli eroi dei comics statunitensi, grazie al considerevole materiale rimasto bloccato a causa delle vicende belliche e ora finalmente disponibile.

Capriotti ha anche l’intuito di creare una nuova pubblicazione destinata, secondo le sue intenzioni, a ritagliarsi uno spazio del tutto autonomo esclusivamente dedicato ai “più piccini”.
Il nuovo giornalino è «L’Ometto Pic», un settimanale che arriva nelle edicole nel maggio del 1945, il cui sottotitolo “Nel Mondo dei Piccoli” evidenzia chiaramente la frangia di lettori a cui è destinato. Una curiosità, pare che il titolo della testata sia stato suggerito a Fausto Capriotti dal nipotino Roberto Guadagno.



Nei suoi quarantadue numeri appariranno numerosi fumetti opera di validi artisti quali Vittorio Cossio, Ennio Zedda, Mario Guerri, Franco Caprioli, Sergio Tofano, Gianni Gianese, Orlando Grassetti.

La presenza più significativa è quella di Franco Caprioli con la bella storia L’incantesimo dell’Orco Babalà. Una fiaba splendidamente disegnata, alla quale la stampa spesso fuori registro e la pessima carta del giornalino non rendono giustizia. Il Caprioli era già impegnato con Capriotti in quanto qualche mese prima aveva iniziato a lavorare per «Giramondo», un’altra testata delle Edizioni Pegaso.
Il Caprioli ricomparirà di nuovo sulla prima pagina soltanto negli ultimi due numeri della testata, con un’altra storia di stampo favolistico, L’isola incantata, rimasta purtroppo interrotta dopo un paio di puntate e mai più riproposta.

lunedì 23 novembre 2009

Jacovitti di qua e di là – seconda parte (Il Vittorioso 1955-58)

Bene, torniamo allo scaffale 17 e al Vittorioso, per esplorare mestamente la sua decadenza e fine. Ma prima del crepuscolo di questo fondamentale periodico, ci sono ancora da ammirare cose superbe, cominciando, come al solito, da Benito Franco Jacovitti.
Il Giorno dei Ragazzi” esce con il suo primo numero il 28 marzo 1957, e Jacovitti è presente con una serie (Cocco Bill) e una pagina di pubblicità redazionale. Si presume che vi abbia lavorato nel corso dell’estate e autunno dell’anno precedente. Nel 1956, fa anche un’incursione sul “Corriere dei Piccoli”. Ma le storie del Nostro per “Il Vittorioso” diminuiscono di frequenza solo a partire dal 1958, quando fra l’altro disegna un paio di storie su soggetto altrui (Mario Basari).
Magnifiche, come sempre, le copertine che Jacovitti disegna per "Il Vittorioso", nella seconda metà degli anni Cinquanta. Del resto, molte le abbiamo già viste. Queste sono del 1958:





Fenomenali anche le sue grandi “panoramiche”, di cui è maestro fin dagli inizi della carriera, nel 1939 su “Il brivido”. Alla fine degli anni Cinquanta, sono piene di “spot pubblicitari”. D’altronde, il boom economico è alle porte, tutti si sentono in grado (e in dovere) di raggranellare quattrini a più non posso. E d’altronde non abbiamo ancora visto niente. Aspettiamo gli anni Sessanta:





Le storie di Jacovitti, come si è detto sempre meno frequenti, proseguono sul Vittorioso fino grosso modo al 1962, quando vengono sostituite da ristampe di suoi vecchi episodi. Vediamole una per una.

1955





Di Tex Revolver ho già detto: evidentemente è una “quasi parodia” del Tex bonelliano, benché il gioco di rimandi e citazioni interessi soprattutto il cinema di John Ford, di Anthony Mann e faccia addirittura presagire Sergio Leone: anzi, se non fosse un delitto di lesa maestà, direi che le atmosfere beffarde e crudeli (ma sempre in chiave divertita) del regista italiano siano un po’ debitrici di queste tavole jacovittesche. Vedremo più avanti l’altro West, quello degli indiani, ovvero Occhio di Pollo.
Bella la conclusione della storia, con l’intervento (speculare a quello di apertura, che abbiamo visto vari post fa) di Nevio Zeccara:



1956

Alonzo è il diretto antecedente di ZorryKid, che apparirà oltre un decennio dopo sul “Corriere dei Piccoli”:





Pippo preistorico è debitore, ancora una volta, di una classica storia del Topolino anni Quaranta, ovvero “Topolino all’Età della Pietra”, di Floyd Gottfredson e Merril De Maris (The Land Of Long Ago).



Ma c’è anche un chiaro rimando a una memorabile "cavalcata dei dinosauri" di Carl Barks:



1957






Il ritorno di Jak Mandolino, nel 1957, porta con sé il linguaggio surreale di Jacovitti, con l’improbabile slang malavitoso con venature milanesi:











1958

Pippo e le pere di mare è su soggetto di Mario Basari:



venerdì 20 novembre 2009

BOMBOLO – CINE COMICO (quarta parte, conclusione)

Dal numero 41 al n. 62, “Cine Comico” cammina senza scosse, ma anche senza minimamente sfruttare i tesori che ha a disposizione: a oltre settant’anni di distanza, e con quel che è accaduto nel frattempo, ci sembra impossibile che molte prime pagine, se non quasi tutte, siano dedicate alle ormai arcaiche storielle di Carlo Cossio e colleghi, quando c’erano a disposizione Elzie Segar e Milt Gross:





Il teatro dei bei tipi (Popeye) e Bob al paese dei fenomeni (Boob NacNutt) si alternano in ultima pagina, quando non vengono relegati all’interno:







Da notare che Bombolo – Cine Comico varia spesso la grafica della testata. Credo proprio che l’autore di questi gioiellini di pop art fosse l’onnipresente Carlo Cossio, che del resto, sempre nel 1935, disegna (e firma) la strepitosa testata de “L’Audace”, per un periodo inspiegabilmente breve:


Ecco come varia la grafica di “copertina” col numero 45 del 25 aprile 1935:




Pey”, che Luca Boschi identifica in Zenobio Baggioli (vedi il suo commento al mio post precedente), si ispira forse alla visualizzazione delle metafore di Attilio Mussino (Bilbolbul), per questa simpatica tavola sportiva, stavolta dedicata al ciclismo:




Del resto, la primavera del 1935 è stagione del Giro d’Italia, allora più popolare di oggi:




Benché il calcio abbia più spesso l’onore dell’apertura:




Più convincente è Carlo Cossio in Arlecchino nella Luna, commistione favolistico-sportiva che è forse la prima continuity italiana di Vecchi. La prima puntata è incentrata su Giuseppe Meazza. Una canzonetta di allora diceva:
La donzelletta vien dalla campagna
Leggendo la Gazzetta dello sport
E come ogni ragazza lei va pazza per Meazza
Che fa reti a ritmo di fox trot…



Gli altri campioni sono Primo Carnera, orgoglio del regime. Ma su Cine Comico appaiono anche Tazio Nuvolari, Achille Varzi e altri assi del volante:





Solo una volta, Milt Gross ha l’onore della prima e dell’ultima pagina, mentre Braccio di Ferro mai:





Non riesco a trovare, per quante ricerche abbia fatto nei miei scaffali, dove è stato pubblicato un articolo di Alfredo Castelli che parlava di una striscia di Carnera disegnata da… Carnera! Che sia quella del numero che segue? Non mi pare che sia attribuibile a Cossio:



Col n. 53 del 20 giugno 1935, tornano, in prima pagina, le serie inglesi, e ciò benché Boob MacNutt sia sempre in forza a “Cine Comico”. Perché questa scelta autolesionista? Mistero.





Solo alla fine, quando gli scoraggianti dati di vendita non lasciano scampo, si decide di utilizzare Bob come attrazione principale. Non Popeye, e questo è davvero imperdonabile. Il marinaio di Segar, anzi, appare a singhiozzo e dopo il n. 64, inspiegabilmente, scompare. Lo ritroveremo nel 1938 su “Jumbo”, prima che tutti i fumetti KFS della SAEV passino in blocco a Mondadori, che li pubblicherà su “Paperino” e su “Topolino”.







Col n. 63, “Cine Comico” viene ridimensionato, sia nel formato (dimezzato) che nei contenuti. Rimane, fino al n. 84, Boob Mac Nutt; appare anche qualcosa di nuovo, come Laura, topper di Felix The Cat di Pat Sullivan (Otto Messmer), e ancora Billo Billo, ancora di Goldberg:







Per le restanti uscite, va sempre peggio, fino a cose veramente tristi, quasi imbarazzanti:



Comunque la mia collezione di Bombolo – Cine Comico corre ininterrotta fino al n. 62; dei fascicoli successivi, in piccolo formato, ho solo una manciata di numeri, compreso il solo “guscio” dell’ultimo, il 102, che ho già messo in linea.

La storia finisce qui, con questo malinconico trafiletto:




Tutti gli altri particolari, sul nuovo numero del “Notiziario GAF”.

Considerazioni collezionistiche e finali:

Come già detto all’inizio, la collezione di “Bombolo – Cine Comico” è di straordinaria rarità. D’altronde non è neanche di gran valore collezionistico, visto il mercato di “nicchia nella nicchia” di queste testate. Però è certamente, quanto meno per quanto riguarda “Cine Comico”, di enorme interesse storico e artistico. Un indice sicuro al 100% è ancora impossibile, perché anche mettendo insieme le fumettoteche di ben tre collezionisti, non si ottiene una collezione veramente completa.