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domenica 7 novembre 2010

Intermezzo – Tarzan in Italia

I romanzi di cappa e spada (1934)

Dicevo, nello scorso post, che il Tarzan a fumetti di Harold Foster, su L’Audace del 1935, non è alla sua prima apparizione in Italia.

Le strisce giornaliere del 1929 appaiono nel 1934, abbastanza clamorosamente, su una pubblicazione non per ragazzi, ovvero la collana di narrativa I romanzi di cappa e spada edita da Mondadori, a partire dal numero 24:

 
Da notare le copertine di Gino Boccasile, al cui colpevole oblio ha cercato di riparare recentemente Paola Biribanti con

domenica 10 ottobre 2010

L’Audace terza versione: numeri 60-181 (1935-37) - Prima parte

1935 (febbraio)


Le cose cambiano di colpo col leggendario numero 60 del 23 febbraio 1935. L’uscita del numero è annunciata, oltre che dai redazionali che abbiamo visto nel post precedente, anche da uno dei soliti volantini pubblicitari, distribuiti gratuitamente nelle edicole:


domenica 3 ottobre 2010

L’Audace seconda versione: numeri 35-59 (1934-35)

1934 - 35


L’Audace prima versione dura solo per 34 numeri. L’ultimo appare il 25 agosto 1934: data non sospetta, in quanto precedente all’esplosione della “bomba” de L’Avventuroso (metà ottobre). Dunque il giornalino muore – nella sua prima versione – solo per propria colpa. È nato infatti quando sia Jumbo che Topolino avevano già imposto il nuovo linguaggio a fumetti, e con un’impostazione talmente superata che la stessa decisione di lanciarlo in edicola appare incomprensibile.

giovedì 12 agosto 2010

I tre Porcellini 4 – La svolta: arriva Brick Bradford

1935 - 4


La serie Robin Hood di Charles Flanders (ma è evidente che ai disegni subentra qualcun altro, anche se le fonti americane non ne fanno cenno) dura pochi mesi. La redazione de I Tre Porcellini deve dunque inventarsi qualcosa, per rafforzare l'appeal "avventuroso" che ormai, dopo...

sabato 10 luglio 2010

I tre Porcellini 2 – la galleria dei dimenticati

1935 - 2


Torniamo a I Tre Porcellini, il giornale che ha segnato l’ingresso di Mondadori in campo disneyano. Fino alla chiusura del Supplemento, il settimanale mantiene un’impostazione decisamente di basso profilo, con pseudo-Silly Symphonies (lucidate da varie fonti non sindacate) e i fumetti che...

domenica 14 febbraio 2010

Jumbo – sesta parte


Jumbo è anche la culla del Fumetto italiano “moderno”. È vero che autori come Antonio Rubino e Attilio Mussino sono attivi sul Corriere dei Piccoli fin dal 1908, e che nel 1933, personaggi come Il signor Bonaventura di Sergio Tofano hanno quasi vent’anni di “carriera” alle spalle. Ma Jumbo, come si è visto e come vedremo, è un crocevia fondamentale, un momento di svolta: il giornalino esce proprio quando, soprattutto negli Stati Uniti, le cose cambiano drammaticamente e le novità si susseguono in modo parossistico, pronte a invadere il nostro mercato. Su Jumbo, fra il 1933 e il 1936, alcuni giovani autori italiani colgono questo poderoso vento di novità e sperimentano nuovi linguaggi, nuove forme grafiche e nuovi contenuti, un po’ imitando le strisce d’Oltreoceano, un po’ creando cose originali.

Gli inizi non sembrano granché promettenti. Fra i primissimi italiani, c’è un non meglio identificato Amadio, dallo stile simile a quello del celebre Yambo (Enrico Novelli), con una storiella dal sapore quasi ottocentesco:



Nello stesso 1933 appare un nome che pochi anni dopo, in casa Mondadori, farà faville. Si tratta nientemeno che del capostipite degli sceneggiatori italiani di fumetti “avventurosi”, ovvero il grandissimo Federico Pedrocchi:


Le “Visioni romane” di Pedrocchi sono quanto meno imbarazzanti, dal lato dei testi, e graficamente e strutturalmente sono solo approssimative imitazioni dei fumetti inglesi. Non lascerebbero presagire nulla di buono. Pedrocchi è un mediocre disegnatore, abbandonerà presto matita e pennello per dedicarsi alla macchina da scrivere.
Va un pochino meglio con la serie de I Fratellini, celebri clown dei primi del Secolo scorso:



Su I Fratellini in carne ed ossa, trovate notizie interessanti qui; gli artisti sono rammentati con struggente malinconia anche nel film di Federico Fellini I clowns. Federico Pedrocchi, ormai passato stabilmente alla sceneggiatura, nel 1935 favorirà la pubblicazione, su “I tre Porcellini”, di un altro fumetto su quella famiglia di clown. Ma di questo ed altro, magari, parleremo in seguito, quando Pedrocchi diventerà il punto di riferimento del Fumetto italiano.

Altro grande autore, presente sulle pagine di Jumbo fin dal 1933, è Pier Lorenzo De Vita. Conosciuto oggi quasi esclusivamente per i suoi fumetti disneyani, è stato attivo con serie umoristiche sul Corriere dei Piccoli (Martin Muma) e altrove. Su Jumbo, nel 1934, pubblica Le gaie prodezze di Tic e Tac:





In seguito, Pier Lorenzo De Vita sarà tra i primissimi a “convertirsi” al Fumetto “avventuroso” di ispirazione statunitense, con esiti notevolissimi e quasi sperimentali, specie sulle testate Mondadori, su soggetti giust’appunto di Pedrocchi (La Primula Rossa del Risorgimento, Saturnino Farandola, ecc.).



Ma chi è, Lotario Vecchi? Chi, i suoi primi collaboratori? Il blogger Fabrice mi ha scritto segnalando il suo interessante post su Comics Vintage in cui si è occupato dell’edizione francese di Jumbo: in effetti Vecchi, col marchio SAEV, distribuisce le sue pubblicazioni sia in Europa che in America latina. Ezio Ferraro, nella sua monografia Lotario Vecchi editore, pubblicata come supplemento alla rivista Comics (in realtà è il n. 14 dell’anno X, dicembre 1974), racconta nei particolari l’avventurosa storia di Lotario, nato nel 1888 a Parma, trasferitosi giovanissimo in Spagna, dove inizia l’attività di editore di “dispense” (i fascicoli settimanali con romanzi d’appendice). Vecchi si circonda di familiari e connazionali, e ne spedisce alcuni in vari Paesi, non solo di lingua spagnola, consolidando un vero e proprio impero: Portogallo, Brasile, Argentina, Cile, Cuba, Uruguay, Messico… La storia del fratello Arturo, fondatore di un altro impero con centro a Rio de Janeiro, è degna di un romanzo.
Lotario Vecchi, nel primo Dopoguerra, fa base in Germania, a Lipsia, città dalla quale spedisce un’enorme quantità di pubblicazioni in lingua spagnola, via Monaco e Amburgo, fino in Sud America!



Ma dicevo che la SAEV è la culla del Fumetto italiano: è una storia fatta di persone e di sigle editoriali oggi celebri, che in un modo o nell’altro fanno capo a Lotario Vecchi. Quando questi rientra in Italia, nel 1923, a Torino assume come semplici piazzisti i fratelli Pacifico (Cino), Domenico (Mimo) e Alceo Del Duca, futuri editori in proprio (L’Intrepido, Il Monello). Nel 1929 cerca di lanciare un clone del Corriere di Piccoli in Brasile, Mundo Infantil, senza successo. Nel 1932, per il lancio in Italia di Jumbo, acquista i diritti dei fumetti inglesi dell’Amalgamated Press, rappresentata in Italia dall'agenzia Helicon, diretta da Umberto Mauri e controllata da Mondadori: è così che il colosso milanese, indirettamente, si avvicina al Fumetto. Fra i primi collaboratori di Jumbo, abbiamo visto, ci sono Federico Pedrocchi e il misterioso Enwer Bongrani, possibile autore dei “falsi” di Lucio l’avanguardista. Ma fra impiegati e tipografi incontriamo i nomi di Agostino Della Casa e Gino Casarotti (futuro editore col marchio Dardo), che nell’Anteguerra lanciano la casa editrice Juventus e il personaggio di Dick Fulmine, che rifluirà anche sull’Audace SAEV e Mondadori. E poi Gino Arcaini, fino al leggendario Gian Luigi Bonelli, che ad un certo momento prenderà saldo il timone nelle sue mani…