La cosa strana è che, a suo tempo, non l’ho commentata. È apparsa infatti sul Vittorioso nella seconda metà del 1946. Rimedio proponendovela ora, e facendo uno strappo alla regola, integralmente. Spero davvero di non violare diritti di chiunque e di qualsiasi tipo: sono naturalmente pronto a togliere tutto subito.
Credo proprio che, leggendo questa storia, si dimentichino subito i suoi sessantatrè anni di età, il contesto storico-politico, cioé quello relativo alla Seconda Guerra Mondiale e alle sue devastazioni, il clima di contrapposizione ideologica che ne seguì:
In apertura, Jacovitti dichiara che questa storia è una "parodia del celebre mago americano" (ovviamente Mandrake di Lee Falk e Phil Davis). Le cose, in modo solo apparentemente paradossale, non stanno affatto così: la "parodia" si ferma al costume del personaggio e all'improbabile spalla Pappotar. Mandrago è invece, allo stesso tempo, una fiaba moderna e un catalogo psichedelico dei riferimenti culturali di Jacovitti, come Elzie C. Segar. Avete presenti le tavole di Popeye con Wimpy (Braccio di Ferro e Poldo Sbaffini), alla trattoria di Barbariccia? L'impianto della tavola che segue è proprio quello tipico del Thimble Theatre:
Ma quel che conta, in questa storia, è ben altro: è la straordinaria ispirazione, la poesia, il senso del meraviglioso, la capacità di mischiare surrealismo e cronaca, avventura e umorismo. Poco importa che la storia sia debitrice di un classico di Merril De Maris e Floyd Gottfredson, Topolino e la lampada di Aladino (1940): Mandrago è pura invenzione, Arte senza tempo.