1934 - 35
L’Audace prima versione dura solo per 34 numeri. L’ultimo appare il 25 agosto 1934: data non sospetta, in quanto precedente all’esplosione della “bomba” de L’Avventuroso (metà ottobre). Dunque il giornalino muore – nella sua prima versione – solo per propria colpa. È nato infatti quando sia Jumbo che Topolino avevano già imposto il nuovo linguaggio a fumetti, e con un’impostazione talmente superata che la stessa decisione di lanciarlo in edicola appare incomprensibile.
Sul numero 34, dunque, viene pubblicato un breve comunicato in cui si annuncia il restyling del settimanale. L’attenzione è posta soprattutto sulla diminuzione di prezzo, che passa da 30 a 20 centesimi:
La settimana seguente, appare in edicola L’Audace rinnovato. Le promesse vengono mantenute: stavolta il giornale è di grande formato, ha solo otto pagine e costa quei dieci centesimi in meno che possono fare la differenza, per le tasche cronicamente vuote dei lettori dei primi anni Trenta.
Il disegno accanto alla testata potrebbe essere di Carlo Cossio, che sarà, fra pochi mesi, il disegnatore delle due successive versioni.
Mi scuso per lo stato di conservazione dei giornali, rilegati e rifilati all’osso, ma proprio in quanto estremamente brutti, sono altrettanto rari, nella loro completezza:
Ma anche stavolta, e non è necessario scomodare il senno del poi, il settimanale non può funzionare. Passi il risparmio tirato al massimo, per cui si usa carta verdina di pessima qualità, scarto di produzione di quotidiani e altri settimanali popolari; passi la stampa zincografica di infimo livello, al cui confronto gli esiti tipografici di Nerbini sono da libro d’arte. Il problema, come si vede dal contenuto di questo primo numero della seconda versione, è che manca qualsiasi novità in grado di attrarre i lettori. Sorvolo sulla qualità dei feuilleton “avventurosi”, visto che qui ci occupiamo esclusivamente di fumetti. Siamo nell’anno di grazia 1934, perbacco, quando Topolino – ricordate? – pubblica con straordinario successo niente meno che Cino e Franco (Tim Tyler’s Luck) disegnato da Alex Raymond senza didascalie e con tutti i balloons al loro posto. Qui, invece, in prima pagina c’è un racconto in testo, malamente illustrato, e in ultima un anonimo Tim Mc Coy, di produzione britannica.
Le due tavole umoristiche e la storia “avventurosa” I Tre Moschettieri, sempre inglesi, sono oltretutto impaginate in posizione sacrificata e non possono certo salvare il giornale.
Qual è il senso della "seconda versione" de L’Audace? Un tentativo disperato - e assolutamente non convinto - di salvare la testata senza investirci praticamente nulla: si tira avanti finché va, mentre tutte le energie sono profuse in Jumbo e in parte nelle altre testate (non dispongo di Tigre Tino e Primarosa; di Bombolo/Cine-comico ho già parlato qui). Per quasi venticinque numeri, l’agonia de L’Audace prosegue senza alcuna novità di rilievo.
Storicamente trascurabili, ma gradevoli, sono alcune tavole umoristiche, sempre britanniche, a cui si sarebbe potuto dare ben più risalto:
La sorpresa, una settimana dopo, sarà superiore a qualsiasi aspettativa.
Storicamente trascurabili, ma gradevoli, sono alcune tavole umoristiche, sempre britanniche, a cui si sarebbe potuto dare ben più risalto:
Il 14 ottobre 1934 esce il primo numero de L’Avventuroso e poche settimane dopo, L’Audace annuncia sensazionali novità in arrivo. Dopo tante promesse analoghe, probabilmente i (pochi) lettori assidui del settimanale si aspettano il solito inutile rimaneggiamento di formato o di foliazione. Nulla, in effetti, può far pensar loro che Lotario Vecchi stia in realtà lottando freneticamente per parare il colpo, stavolta con investimenti adeguati. Lo “strillo” che annuncia la novità si ripete in quasi ogni numero:
Infine, il 16 febbraio 1935, esattamente quattro mesi dopo l’uscita de L’Avventuroso nerbiniano, ormai lanciato in un successo epocale, appare l’ultimo numero della “seconda versione” de L’Audace:
Chiudono tutte le storie di produzione britannica presenti sul settimanale. Di Tim McCoy, non sentiremo più parlare:
L’ultima pagina è occupata da un vero e proprio proclama, più roboante del solito. Stavolta, come abbiamo detto, c’è ragione di far tanto chiasso, anche se i lettori non lo sanno:
Cosa capisce, il lettore comune del 1935, leggendo questo proclama? I titoli La città sconosciuta, La cintura di diamanti e La freccia d’argento non possono dirgli nulla; Tarzan invece è già un nome ben noto: a parte i romanzi di Edgar Rice Burroughs, pubblicati in Italia fin dal 1929 da Bemporad, ci sono i primi due film con Johnny Weissmuller e Maureen O’ Sullivan, diretti rispettivamente da W.S. Van Dyke e Cedric Gibbons e usciti in Italia nel 1934, e sono già apparsi perfino i primissimi fumetti di Harold Foster, benché – come vedremo prestissimo – in appendice ad una pubblicazione non a fumetti. Una certa attesa, dunque, a questo punto è inevitabile.
La sorpresa, una settimana dopo, sarà superiore a qualsiasi aspettativa.
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