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domenica 3 gennaio 2010

Il Vittorioso 1959-1964: Franco Caprioli


Franco Caprioli è fra gli ultimi grandi maestri ad abbandonare il Vittorioso. Anzi, fra il 1955 e il 1962 disegna quasi una storia dopo l’altra, senza contare la parte grafica di molte rubriche, le schede didattiche e moltissime copertine.

Fino al 1959, il suo originale e inconfondibile stile grafico, basato su un raffinato pointillisme, rimane praticamente invariato: e ciò nonostante sia sacrificato dalla mutata tecnica di stampa (il Vittorioso è in rotocalco fin dal 1956):

1958
















1959





All’alba del nuovo decennio, Caprioli modifica il suo tratto, abbandonando il pointillisme e adottando un tratteggio più convenzionale. Il segno si fa forse più “moderno”, ma anche più duro: d’altra parte l’autore è chiamato ad un vero tour de force, per supplire alla latitanza degli altri autori “storici”, e in più occasioni disegna le storie complete con cui la redazione del Vittorioso cerca di fronteggiare la concorrenza degli albi “popolari”:



1960








1961









La redazione affida spesso a Franco Caprioli le copertine del Vittorioso, nel 1962/64, con temi quasi sempre educativi. E il maestro di Mompeo illustra anche molti redazionali:

1962



1963






1964






Ma, dopo il 1962, anche Franco Caprioli, uno dei “padri fondatori” del Vittorioso, (una sua storia era apparsa nel 1937 sul primo numero), si sgancia in pratica dal periodico. Nel 1963, una sua singolare storia di argomento preistorico del 1954 (di cui ho parlato qui), a suo tempo inspiegabilmente sacrificata, viene ristampata in pompa magna e a colori:

1962






Dopo il 1963, anno in cui appaiono solo un paio di storie, anche i grandi fumetti di Caprioli scompaiono dal menabò del Vittorioso:

1963






Rivedremo Franco Caprioli, tornato come per miracolo al suo glorioso stile 1950, più o meno cinque anni dopo: chiuderà una straordinaria carriera con alcune memorabili riduzioni dei romanzi di Giulio Verne, pubblicati a puntate su "Il Giornalino" e per fortuna riproposti (e consegnati alla posterità) su dei memorabili volumi a fumetti delle Edizioni Paoline. Ma di questo, magari, parleremo a suo tempo: per ora, l'avventura di Caprioli sul Vittorioso si ferma qui.

mercoledì 21 ottobre 2009

Il Vittorioso 1952/57 - Giovanni (Gianni) De Luca

Diversi post fa ho parlato degli inizi di Gianni De Luca sul Vittorioso. Già alla fine degli anni Quaranta, questo autore era fra i pochissimi, in campo “naturalistico” (cioè non comico-avventuroso), a reggere il confronto con Franco Caprioli, in quanto a capacità tecnica e a livello espressivo, e certamente il solo a proporre sostanziali novità grafiche in chiave “moderna”. Fra il 1951 e il 1957, il disegno di De Luca ha una veloce evoluzione, che guarda molto a territori esterni al Fumetto, come la grafica e soprattutto l’illustrazione. E sarà proprio quest’ultima ad assorbirlo completamente, dalla fine degli anni Cinquanta, prima di un ritorno in grande stile al Fumetto, nel 1969.
A prescindere dai contenuti, in cui la propaganda cattolico-occidentale gioca un parte importante, il “catastrofico” Gli ultimi sulla terra del 1952, su soggetto di Eros Belloni, che anticipa pellicole come L’ultima spiaggia di Stanley Kramer (On the Beach, 1959), è già molto sperimentale nella scelta di inquadrature non convenzionali e nella stessa tecnica grafica, “in punta di pennino”:



Nel 1952 torna il “neorealismo” del Vittorioso, simile per tanti aspetti al coevo “Neorealismo rosa” cinematografico delle varie pellicole – spesso assai pregevoli – del tipo di Pane, amore e fantasia. Con Le braccia di pietra del 1952/53, sempre su testo di Eros Belloni, l’ambiente urbano di Roma, non solo monumentale, e lo studio dei caratteri, fa un deciso passo in avanti rispetto al pur notevole I Ragazzi di Piazza Cinquecento di Raffaele Paparella, di cui abbiamo parlato diverso tempo fa:




Notevole questa strepitosa sequenza onirica, con atmosfere surreali che De Luca frequenterà molto in seguito:



Gli scenari storici, specie il “peplum” caro al Vittorioso, tornano con Il Cantico dell’arco, una “visione biblica” in cui De Luca sperimenta tecniche grafiche nuove, con esiti di grande suggestione:








Gli ambienti esotici, ad esempio quelli sudamericani de L’ala spezzata (1953), offrono già molti spunti grafici decisamente sperimentali, che nel contesto del Vittorioso di quegli anni appaiono molto in anticipo sui tempi:








Ma è nel 1955, con il grande kolossal Rasena, in cui si rilegge la Storia dalla parte dei “perdenti”, perfetto complemento al ciclo “romano” di Caprioli, che De Luca raggiunge la sua prima vetta artistica:















Saranno poi, quasi vent’anni dopo, il memorabile ciclo del Commissario Spada, su “Il Giornalino”, ma anche cose minori e altamente sperimentali come gli adattamenti shakespeariani (Amleto, Giulietta e Romeo, La tempesta), a offrirci il De Luca più maturo e alto, prima della sua immatura scomparsa. Ma è quanto meno curioso notare che già nel 1957, sul Vittorioso, De Luca aveva affrontato con notevoli risultati le ambientazioni e il clima del “giallo urbano”, con Giallo alla 14° strada: