Buon Natale a tutti
Auguri datati un secolo fa, anche per sfatare la leggenda che Babbo Natale sia arrivato in Italia nel Dopoguerra e che debba il suo costume rosso alla Coca Cola...
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domenica 23 dicembre 2012
lunedì 18 gennaio 2010
Jumbo, finalmente (1932)
“Finalmente” perché?
Finora abbiamo parlato di un settimanale ben conosciuto, “Il Vittorioso”, ed esplorato un caso particolare, “Bombolo – Cine Comico” – quest’ultimo perché ce n’era stata offerta l’occasione dal “caso” Braccio di Ferro-Schiffìo, partito dal blog di Luca Boschi e rimbalzato in rete.
Ora, invece, è la volta di un vero e proprio scavo archeologico. Jumbo (1932) è infatti, per unanime parere degli storici del Fumetto (e per le testimonianze vive dei suoi lettori) il primo periodico a fumetti “moderno” italiano. Il problema è che tutti ne hanno parlato, in cinquant’anni di pubblicistica, ma nessuno ha mai affrontato lo studio del settimanale con criteri bibliografici e scientifici, certo anche per la rarità della collezione. Non che voglia farlo qui ed ora, per carità. Ma voglio provare a raccontare la storia del periodico come se fosse un vero e proprio scavo stratigrafico, per tornare alle favolose origini del Fumetto in Italia e del Fumetto italiano. Insomma, finalmente affronto un territorio vergine.
D’obbligo una scheda bibliografica:
JUMBO. A. 1, n. 1 (17 dic. 1932) - a. 7, n. 306 (13 nov. 1938) - 309 numeri - Milano: Società Anonima Editrice Vecchi (SAEV) [1932] - Fumetti b/n e color. ; 32x26 cm. - Settimanale. Dal n. 1 del 7 gen. 1933, la numerazione ricomincia da 1 fino al termine della testata.
Intendiamoci: questo settimanale è storicamente importante, ma i contenuti vi lasceranno sicuramente un po’ perplessi: fra il 1932 e il 1937 (inizio del Vittorioso, che abbiamo già visto) sembra passi un secolo, non pochi anni. Proprio col Vittorioso, se vogliamo, c’è un tenue collegamento: alcuni personaggi antropomorfi di produzione inglese apparsi su Jumbo somigliano agli “zoolandini” di Sebastiano Craveri, e forse i secondi derivano davvero dai primi. Ma di questo, semmai, parleremo poi.
Dunque facciamo un salto indietro al 17 dicembre 1932, quando il Fumetto moderno non è ancora arrivato in Italia. In realtà quest’affermazione può sembrare assai lontana dal vero, perché il Corriere dei Piccoli è sulla breccia dal lontano 1908, e vari suoi epigoni – alcuni di ispirazione cattolica; uno socialista, “Cuore” – sono nel frattempo sorti e tramontati. Ci sono state anche edizioni italiane di riviste francesi, contenenti pseudo-fumetti (come il primo “Intrepido” di Picco e Toselli). Quando però, il 17 dicembre 1932, esce il primo numero di Jumbo, è come una rivoluzione copernicana: le edicole sono prese d’assalto, e non è un’immagine retorica. Racconta lo storico Giorgio Salvucci, un testimone:
“Jum..bo, Jum..bo, vo..glia..mo Jum..bo!!! Questa invocazione scandita da un gruppetto di ragazzini dai 7 ai 10 anni nelle orecchie di uno spazientito edicolante nel lontano 1933 (come protesta del ritardato arrivo del numero settimanale) ed il successivo arrembaggio alla cesta del ciclista – finalmente arrivato – per accaparrarsi la copia del sospirato giornaletto, sono fatti vissuti che pongono in tutta evidenza l’importanza dell’avvento di Jumbo nella storia del giornalismo italiano.”
(GIORGIO SALVUCCI, Il primo giornalino italiano, in: “Il Fumetto”)
Sfogliando oggi il primo numero di Jumbo, non si coglie appieno, almeno di primo acchito, questa carica rivoluzionaria: insomma, non è certo come con L’avventuroso. E allora?
Come necessaria premessa, ecco qua le pagine salienti del numero 51 del Corriere dei Piccoli, uscito il 18 dicembre 1932, contemporaneamente al n. 1 di Jumbo. Ci danno un’idea esatta di quel che leggevano i ragazzi italiani prima dell’ubriacatura “americana” degli anni Trenta:
Il grande Bonaventura del grandissimo Sergio Tofano
Antonio Rubino, uno dei “padri fondatori” del CdP
Una tipica rubrica educativa, illustrata dal notevole ma dimenticato Domenico Natoli, attivo fino agli anni Sessanta
Barney Google di Billy DeBeck, violentato e rimontato
Bringing Up Father (Arcibaldo e Petronilla) di George McManus
Marmittone di Bruno Angoletta
Sor Pampurio di Carlo Bisi
Niente meno che Felix The Cat (Mio Mao) di Otto Messmer/Pat Sullivan
Ho scelto le sole pagine a colori e con fumetti, tralasciando, tranne una, quelle contenenti redazionali, racconti illustrati, ecc., ovvero nove su un totale di sedici. Come si vede, sono tutte stelle di prima grandezza, capolavori immortali. E allora, perché l’uscita di Jumbo è tanto epocale?
Ho letto tutte le testimonianze, e anche parlato personalmente, oltre trent’anni fa, ma con contatti che si sono protratti fino ad oggi, con i “sopravvissuti” del 1932, ovvero con i lettori che acquistarono Jumbo in edicola. Essi erano e sono tutti concordi nel dire che quel settimanale fu un’autentica rivoluzione. I testimoni concordano soprattutto su una sensazione importante: Jumbo fu il primo giornale a fumetti che sentirono proprio loro, che li distinse da genitori e fratelli maggiori, in parte ostili al nuovo venuto. Non va dimenticato che il corrierino era per lo più imposto dai genitori.
Quindi credo di non esagerare dicendo che Jumbo fu la prima “bandiera generazionale”, come lo fu, trent’anni dopo, “Linus”. Cerchiamo di capire perché, se vi va.
Dal prossimo post.
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domenica 8 febbraio 2009
Viaggio intorno alla mia biblioteca
Scaffale 4 (a,b,c)


La colpa è sua! ;-)


Riprendo la mia auto-terapeutica esplorazione. Lo scaffale 4 (la numerazione e l’andamento “topografico” che seguo sono un po’ random) accoglie le annate più recenti del Corriere dei Piccoli e parte di quelle del Corriere dei Ragazzi, una serie che, da un inverecondo oblio, è passata allo status di periodico leggendario, esaltato in ogni dove, addirittura con serpeggianti idee di resurrezione… Mi fa un po’ rabbia: trent’anni fa, il Fumetto per adolescenti (ragazzi, sì, ma anche giovani e numerosi adulti!) fu sconsideratamente assassinato, in nome sia di un malinteso approccio intellettualistico alla Nona Arte (mi dispiace dire che complici di questo crimine furono anche Moebìus/Giraud e gli altri firmatari di un famoso manifesto di Metal Hurlànt), sia di una posizione servile – e vigliacca - degli editori, nei confronti della TV e dell’invasione delle Anime giapponesi. Ora, invece, ipocritamente, ci si stracciano le vesti: quando ormai tutto è mutato, e per un clone del CdR non ci sarebbe davvero più mercato!
Ma non voglio fare polemica. Preferisco pubblicare qualche immagine, allo stesso tempo bellissima e gonfia di nostalgia. Peccato solo per la mia pessima macchinetta fotografica.


Del grandissimo Corriere dei Piccoli possiedo tutte le annate complete dal 1908 al 1951. Invece mi mancano tutte quelle, altrettanto belle, dalla fine degli anni Cinquanta al 1968 compreso. Che, è paradossale, sono più difficili da trovare delle precedenti! Invece ho le successive, fino al 1970, e la collezione completa del Corriere dei Ragazzi, di cui parlerò a tempo debito.

Grande notizia, quella che Coniglio editore sta per ripubblicare, a colori, la splendida saga di Valentina mela verde, un epos borghese di grande qualità sia letteraria che grafica, opera di uno dei massimi cartoonist italiani, Grazia Nidasio. Se volete immergervi negli anni Settanta, quel volume farà per voi. Ricordo che due o tre volumetti in bianco e nero erano già stati pubblicati anni fa.
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