L’amico Piccic, in risposta al mio post La malinconica sorte di Craveri, scrive fra l’altro: “Ci sarà un motivo per cui a me Landolfi non dice assolutamente niente…” Ebbene, devo confessare che anche a me, queste prime prove di Landolfi sul Vittorioso appaiono davvero fredde. Ma è indubbiamente, anche se condivisa, solo un’opinione personale. Lino Landolfi, oltretutto, conoscerà, un decennio e rotti dopo, un momento davvero splendido, culminato con una fantasiosa (e visionaria) versione del Don Chisciotte, pubblicata prima sul Vitt e poi in volume dalla Comic Art:
Un piccolo gioiello è poi la realistica epopea quotidiana (una proto-sitcom) de La famiglia Bertolini, pubblicata sul Messaggero dei Ragazzi negli anni Sessanta, e raccolta in un raro volume delle edizioni Paoline:
Inoltre merita almeno una menzione il lungo ciclo di avventure di Piccolo Dente, pubblicato sul Giornalino negli anni Settanta.
Ma quel che ci interessa di più, in questa sede, è il suo inizio di carriera sul Vittorioso, fra il 1951 e il 1952. È in questi anni che Landolfi dà vita al personaggio di Procopio, che poi sarà per decenni una specie di fil rouge, in viaggio nel tempo e nello spazio, apparendo anche come una sorta di “testimonial” in storie fra le più diverse per temi e ambientazioni.
Nel luglio del 1951, annunciato con gran pompa, inizia la pubblicazione di Joe, l’eroe del West:
Il segno è improntato ad una stilizzazione tipica di certo disegno animato che fa capo allo studio Pagot (sei d’accordo, Luca?).
Landolfi pesca allegramente nell’immaginario collettivo dell’epoca, e appare come “partecipazione straordinaria” anche Pecos Bill di Martina/Paparella e soci, che in quel 1952 vive il suo momento più bello e fortunato:
Landolfi pesca allegramente nell’immaginario collettivo dell’epoca, e appare come “partecipazione straordinaria” anche Pecos Bill di Martina/Paparella e soci, che in quel 1952 vive il suo momento più bello e fortunato:
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