Dunque, come dicevo due post fa, Caprioli, in questo periodo di grandi cambiamenti, modifica molto poco il suo stile. Fa delle storie western, come un po' tutti (è l’epoca del grandissimo successo di Tex Willer ed epigoni), ma sono molto personali, quasi filologiche, basate non sulle pellicole hollywoodiane, ma sulla documentazione d’epoca, e che quindi appaiono senz’altro “diverse”. Ma il suo grande amore è – e resterà fino alla fine – il mare, come ai tempi dell’Isola Giovedì, sul Topolino giornale Anteguerra. E all’ambiente marinaro Caprioli unisce il suo amore per l’etnologia, l’archeologia, e la preistoria. Ricorda, a volte, il miglior Brick Bradford di William Ritt e Clarence Gray.
L’ambiente precolombiano è al centro de Il tesoro di Tahorai-Tiki-Tabù, di cui cura anche i testi, ispirata molto probabilmente alle imprese di Thor Heyerdahl e alla sua zattera Kon-Tiki:
Anche Al di là della Raya (1954), storia di Ferdinando Magellano, è tutta di Caprioli, testi e disegni. E penso che si collochi, graficamente, allo zenith della sua arte. Vedremo che negli anni Sessanta il Maestro di Mompeo subirà una certa involuzione, per tornare però, con gran sorpresa e gioia degli appassionati, agli antichi splendori nei primi anni Settanta, proprio poco prima della sua scomparsa.
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