Sul Vittorioso, nel suo periodo “magico”, non ci sono solo i grandissimi nomi, come abbiamo del resto già visto. Anzi, fra il 1952 e il 1957 spuntano alcuni disegnatori che sembrano seguire, con notevole originalità, la lezione di Gianni De Luca: ciò inteso nel senso di una notevole modernizzazione del classico stile “avventuroso”, standardizzato in Italia nel Dopoguerra. Anzi, anche qualche autore anziano, con le radici nell’Anteguerra, sembra modificare il proprio stile grafico in questo senso.
Un vero e proprio Gigante del Fumetto naturalistico, al pari di Caprioli e De Luca, è Dino Battaglia. Solo che sul Vittorioso lavora relativamente poco: il suo zenith artistico arriverà qualche anno dopo, prima su “Corriere dei Piccoli” e poi, soprattutto, sul “Giornalino” degli anni Settanta, con opere straordinarie, come Frate Francesco. Sul Vittorioso, Battaglia pubblica alcune storie “in costume”, di grande raffinatezza grafica, come Bersaglieri di Crimea, su testo di Gilardini:
Ma la storia memorabile, in questo periodo della produzione di Battaglia, è senz’altro Il Corsaro del Mediterraneo, del 1957, avvincente e perfino epica, specie nella struggente conclusione. Qualcuno forse se la ricorderà nell’antica ristampa anni Settanta sui “Quaderni del Fumetto” edizione Fratelli Spada:
Altro autore dimenticatissimo, eppure di grande valore, è Gino D’Antonio. La storia Due ragazzi e mezza statua, su testi niente affatto disprezzabili di De Barba, è notevole non solo per le atmosfere di “neorealismo rosa”, di cui ho già detto, ma anche e soprattutto per lo stile grafico. D’Antonio è destinato ad un facondo avvenire soprattutto per Bonelli, negli anni Sessanta, con una leggendaria “Storia del West”. In questo periodo è già entrato a far parte dello Studio Dami, che collabora con l’inglese Fleetway: il suo segno è molto vicino alla “striscia sofisticata” americana, e mi pare di scorgere soprattutto l’influsso di John Cullen Murphy, all’epoca disegnatore di Big Ben Bolt (che a quanto pare sarà presto ristampato integralmente, negli USA) e che dal 1970 sostituirà nientemeno che Harold Foster in Prince Valiant:
È veramente curioso che sul Vittorioso della metà degli anni Cinquanta si trovino echi “colti” della sofisticazione americana, considerando il panorama un po’ deprimente del coevo “Fumetto avventuroso”. Ma il settimanale cattolico è un grande laboratorio: soprattutto, e solo apparentemente in modo paradossale, perché privo dei vincoli commerciali (ed economici!) che altrove limitavano la creatività degli autori.
E Giorgio Bellavitis, da cui il titolo di questo post? Il suo tratto spazia con disinvoltura dallo stile “caniffiano” (o forse, meglio, “robbinsiano”) di Giro del mondo senza scalo (1951), al sorprendente realismo (ancora “neo”, per certi versi) di Acqua cattiva, che esorcizza probabilmente il disastro del Polesine, al classico naturalismo da storia “in costume” de Il palio di Siena, su testi del solito Roudolph.
Molto, molto interessante. Nella terza pagina di d'Antonio vedo l'influenza inequivocabile di Alex Toth! I visi degli protagonisti, e alcune pose, assomigliano quelle di Toth negli Standard Comics di 1952-1953. Ho visto l'influenza di Toth nel lavoro di altri disegnatori italiani (di Gennaro, Battaglia, Trevisan)...ma finora non negli fumetti degli anni 1950s.
RispondiEliminaAlex Toth! Certo, hai ragione! Terza vignetta della prima striscia, ultima della terza... Sarebbe interessante vedere se ci sono addirittura ricalchi. Credo proprio che D'Antonio "copiasse" gli americani a causa del suo lavoro nello studio Dami, notoriamente americanofilo: Rinaldo Dami (Roy D'Amy) era un caniffiano della scuola di Venezia, nell'immediato Dopoguerra, e certamente imponeva ai suoi collaboratori, specie per il mercato inglese, lo stile statunitense che riteneva (giustamente) più attuale.
RispondiEliminaIl Corsaro del Mediterraneo è stato recentemente ristampato in un volume cartonato delle Edizioni Di.
RispondiEliminaPurtroppo in bianco e nero... :(
Circa gli albi "Quaderni del Fumetto” dei Fratelli Spada, ristamparono diverso materiale del Vittorioso, tra cui anche "Romano" di Caesar o "Procopio" di Landolfi.
RispondiEliminaTra le altre cose, ricordo "Il tesoro di Tahorai-Tiki-Tabù", affascinante storia caprioliana di cui si è già parlato.
Se qualcuno la volesse vedere in portoghese, sul solito "Álbum do Cavaleiro Andante", basta fare un salto in questo blog:
http://quadradinhos.blogspot.com/