Ho pochissime notizie di Armando De Amicis, disegnatore “vecchio stampo”, ma molto interessante, che nel 1953 disegna, su testo dell’ubiquitario Eros Belloni, la storia di ambientazione medievale L’albero maledetto:
Non so se quello che sto per fare è “netiquettamente” corretto, ma una semplice ricerca del nome di De Amicis su Google, mentre scrivevo le poche righe sopra, ha prodotto un pdf assai illuminante, sul Vittorioso e sulla sua straordinaria importanza storica e artistica. Gianni Brunoro, probabilmente il critico italiano di fumetti più attento al fumetto classico, ha scritto, su una pubblicazione intitolata Il senso dei comics per il Vitt che fa parte del bel sito Giornalismo e Storia, le seguenti condivisibilissime considerazioni:
“Una di queste «cose» ignorate o misconosciute è il valore avuto dal settimanale Il Vittorioso (presente in edicola dal 9 gennaio 1937 al 29 ottobre 1970, quando sospese le pubblicazioni dopo aver assunto da qualche anno il più guizzante titolo di Vitt: ossia il nomignolo confidenziale con cui da sempre lo chiamavano i suoi lettori) nella formazione di una vera e propria «scuola» del fumetto italiano. Dalla quale sono usciti nominativi di grande valore, alcuni tuttora attivi sulla nostra scena fumettistica (come per esempio lo scrittore Claudio Nizzi, subentrato da anni a Gianluigi Bonelli come principale sceneggiatore di Tex Willer, colonna portante del fumetto di casa nostra; o il disegnatore Renato Polese, assiduo collaboratore di più collane dell’editrice Bonelli). Il Vitt è stato importante per aver saputo valorizzare i nuovi talenti che – specie negli anni Quaranta e Cinquanta – si andavano formando nello scenario della nostra, come dire?, creatività fumettistica.”
Parlando poi di De Luca, Brunoro poi dice:
“Non tanto, dunque, è o era misconosciuto De Luca, quanto poco nota a livello critico (essendo ormai uscita quasi sessant’anni fa e mai più riproposta) una sua opera specifica, Gli ultimi sulla Terra, che può essere assunta a contestuale metafora sia della eccellenza di lui in quanto disegnatore, sia del ruolo di “scuola” sostenuto dal settimanale Il Vittorioso. Si tratta di un racconto purtroppo non conosciuto, in specie, proprio dai critici di fumetti: ciò che renderebbe opportuno riproporne una ristampa. Proprio per la sua particolare valenza. È opportuno cominciare alla lontana, affermando che al settimanale Il Vittorioso è il caso di attribuire, insieme agli altri meriti, anche un qualche importante ruolo di giornale per ragazzi dal valore unico nel contesto e per il processo evolutivo del fumetto italiano.”
Ma torniamo ai “minori” (in senso squisitamente relativo) del Vittorioso, intorno alla seconda metà degli anni Cinquanta. Carlo Boscarato è un altro grande artigiano del Fumetto, anche lui, come D’Antonio, collaboratore dello Studio Dami. Boscarato ha una sua voce di Wikipedia che segnalo volentieri, anche se ho imparato a fidarmi poco di questa forma di pseudo-conoscenza internettiana. Conosciuto soprattutto per la serie western di Larry Yuma, con testi di Claudio Nizzi, ben altrimenti noto, Boscarato è stato una vera colonna portante del "Giornalino". Sul Vittorioso, nel 1955, disegna su testi di Mario Basari la storia Il capitano Mike:
Antonio Canale e Carlo Cossio “minori” non lo sono davvero: anzi, sono stati, certo in modi assai diversi, due veri Giganti del Fumetto italiano, fin dal remoto Anteguerra. Però si possono definire sicuramente dimenticati, al pari di tanti altri…
L’Amok di Antonio Canale, giustiziere in maschera dei primi anni Cinquanta, è stato un grandissimo successo commerciale. Ma abbiamo incontrato questo autore, sul Vittorioso, già nel 1937, con La piuma verde, su testi nientemeno che di Gianluigi Bonelli. Nel 1951, su testi di Adamante, disegna Scacco a Sigma 3, col suo tipico stile eccessivo, barocco, quasi malato:
Carlo Cossio, insieme al fratello Vittorio, è stato forse il più prolifico disegnatore italiano, fra il 1938 e la metà degli anni Cinquanta. Sua è la parte grafica di Dick Fulmine, su testi di Vincenzo Baggioli, a torto o a ragione considerato l’”eroe fascista” per eccellenza. Ma Carlo Cossio è importante anche e soprattutto per la sua lunga collaborazione a “L’Intrepido” (vedremo in seguito, spero) e per la sterminata serie di albetti minori e minimi, molto rappresentativi di un particolare periodo editoriale, quello dell’immediato secondo Dopoguerra: come il beffardo Tanks, l’uomo d’acciaio, su testi di Stanis La Bruna, e in seguito di successi come Kansas Kid e Buffalo Bill.
Il curioso …E Ascanio regnò, del 1957, su testi di Sandro Cassone, sembra preso pari pari da “L’Intrepido” Anteguerra: un caso di stile… fuori tempo massimo:
Parlando di “artigiani” del Fumetto, tale qualifica si attaglia alla perfezione a Franco Chiletto, classe 1897, anche lui prolificassimo autore, attivo fin dagli anni Venti e nell’Anteguerra “classico” collaboratore fisso di “Topolino”, con le riduzioni salgariane già iniziate da stelle della Nona Arte come Guido M. Celsi e Rino Albertarelli. Nel 1951, sul Vittorioso, la storia Il tesoro degli Armagnac è perfettamente in linea con tali produzioni, e quindi con uno stile decisamente attardato:
Ruggero Giovannini, invece, assai più giovane, lo abbiamo incontrato nell’immediato Dopoguerra, sul Vittorioso, con varie storie, fra cui la serie di Jim Brady che è probabilmente il primo fumetto “americano” della testata. L’invincibile spada, del 1955, è un tipico esempio delle storie medievaleggianti in cui questo versatile autore, abile anche nel noir, era maestro: