Il primo ad “andarsene”, fra le colonne storiche del Vittorioso, è Sebastiano Craveri, che negli anni Trenta e Quaranta era stato la bandiera del settimanale. Schiacciato dall’iperattività di Jacovitti prima e di Landolfi poi, chiuso nel suo mondo di delicata poesia, non resiste all’impatto degli anni Sessanta, al boom economico, al consumismo, alla perdita dei valori morali profondi. Il nuovo sentire comune confonde l’etica con le convenzioni e le ipocrisie del vecchio mondo, e tutto finirà, senza distinzioni, nella fornace del ‘68.
La redazione, evidentemente, favorisce la progressiva emarginazione di Craveri. L’ultima sua storia “lunga”, come vedremo tra poco, appare nel 1962, ma la precedente (Zoo in orbita) è del 1959: nel mezzo, solo poche tavole autoconclusive e una ristampa dei primi anni Cinquanta (Il 9 non risponde):
1959
1960
Negli anni successivi, il grande autore di Carmagnola si dedica alle tavole per “Famiglia Cristiana” (soprattutto la serie Giochi in famiglia), alle copertine e ai paginoni per “Il Giornalino” e a ben poco d’altro. Muore nel 1973, malato e inattivo da tempo, in gravi difficoltà economiche. L’ANAF, con la collaborazione di Jacovitti e il sostegno decisivo di Mauro Giubbolini, stamperà alcuni albi a circolazione limitata per aiutare la sua famiglia.
Alcune tavole di Craveri appaiono sul Vittorioso nel 1966, in mezzo a tante altre ristampe, a segnare idealmente, con grande malinconia, inizio e fine del glorioso settimanale.L’ultima storia “lunga” di Sebastiano Craveri è Pera di Gomma, del 1962. Colpisce il tratto ingrossato, rigido e quasi funereo dell’autore: l’atmosfera è lontanissima dalla solarità del periodo d’oro, gli anni Trenta e Quaranta, ma anche dalla delicatezza ricercata dei decenni successivi:
Craveri è consapevole, quando firma l’ultima vignetta, che sta suggellando il suo addio al Vittorioso. Ed è notevole che, forse per la prima volta in una storia italiana, appaia un… collezionista di fumetti, incaricato evidentemente di consegnare alla Storia il lavoro dell’autore! È un po’ il nostro ritratto, non trovate?
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