Abbiamo già visto che l’impegno di Jacovitti per “Il Giorno dei Ragazzi”, iniziato nel 1957, ha come conseguenza la progressiva rarefazione del suo lavoro sul Vittorioso. E anche Gianni de Luca, più o meno nello stesso periodo, abbandona la scuderia, sia pure per motivi diversi. Torna solo nel 1961, per una volta, con una magnifica copertina:
Sono colpi gravi, ma è il settimanale nel suo insieme, a partire dal 1959/60, che subisce una netta involuzione. Le cause sono molteplici, ma la più importante è probabilmente l’affermarsi della Televisione. Anche di questo ho già parlato, notando come gli autori del settimanale, attenti alle novità, cerchino di esorcizzare il nuovo potentissimo mezzo di comunicazione, citandolo nelle proprie storie; così fa anche la redazione, con rubriche e approfondimenti. La “TV dei ragazzi”, negli anni Sessanta, porterà via al Fumetto una gran parte del pubblico più giovane, in un crescendo inarrestabile che, con l’avvento dei videogiochi come la Play Station e simili, condurrà all’attuale (nera) crisi.
Ma tornando ai tardi anni Cinquanta, non è solo la TV, a insidiare il Vittorioso. C’è anche, non tanto paradossalmente, la stessa vita “protetta” del settimanale cattolico, che – lo ricordo – fa un percorso sostanzialmente parallelo a quello del “Corriere dei Piccoli”: nel 1949/50 supera indenne la crisi del formato “giornale”, trasformandosi progressivamente in “rivista”. Le storie pubblicate sul Vittorioso sono ben diverse da quelle dell’editoria “popolare” (da “Tex” in giù, per intenderci), cioé assai più raffinate, complesse e “adulte”; forse perché gli autori sono ben pagati, ma soprattutto perché la diffusione è “drogata” dal circuito alternativo delle parrocchie. In altre parole, non c’è un “gusto corrente” a cui cercare, disperatamente, di adeguarsi. È una situazione analoga a quella che vivrà, pochi anni dopo, il comunista “Pioniere”.
Ma evidentemente nel 1959 si spezza qualcosa, in questo equilibrio: forse entra in crisi, da parte della stessa proprietà, la convinzione della effettiva utilità educativa e propagandistica del giornale. Così il 1960 inizia con un cambio di formato, più piccolo, avvisaglia di tempi e umori mutati.
Il settimanale, come ho già detto, cerca di stare al passo con il mondo che cambia. E, fra il 1958 e i primi anni Sessanta, esplode il cosiddetto “boom economico”, senz’altro positivo per l’affrancamento dalla povertà di gran parte della popolazione, ma anche con ricadute meno nobili. Il consumismo diventa un “valore” in montante crescita; l’addormentarsi delle coscienze e l’involgarimento generale portano all’imbarbarimento del gusto.
Il Vittorioso tiene al corrente i lettori del progredire delle “grandi opere”, dalle autostrade alla teleselezione (1959):
Gli attori alla moda, nel pieno delle fortune della “commedia all’italiana”, passano con disinvoltura dai film ai “caroselli” televisivi e alle pubblicità sui periodici, alle quali il Vittorioso non si sottrae, partecipando come tutti alla ricerca del profitto ad ogni costo (1959):
Stessa cosa per i divi della canzone:
Per la prima volta dal 1937, appaiono anche delle pubblicità commerciali in grande formato, alcune addirittura a tutta pagina. Qualcuno ricorderà i (pessimi) giocattoli di celluloide contenuti in certe scatole di detersivo:
Dal detersivo alla plastica (Moplen?) il passo è (anti)esteticamente brevissimo. Il Vittorioso, come spesso accade, coglie molto bene il fenomeno, che ha stravolto prima gli oggetti della vita quotidiana, poi ha inquinato e deturpato il paesaggio (oggi diremmo “l’ambiente”):
Il mondo della pubblicità è d'altra parte sbeffeggiato in modo irresistibile da Jacovitti, in questa copertina del 1959:
Nessun commento:
Posta un commento