1935 – continuazione e fine
Per tutta la prima parte del settimanale, Nerbini lascia immutata la formula de Il giornale di Cino e Franco, che è – come dicevo nello scorso post – poco più di un contenitore per il best seller di Lyman Young e collaboratori (Tim Tyler’s Luck). Fra le storie di riempitivo, merita un accenno
il singolare exploit surreale (con sfumature addirittura zavattiniane) di Giove Toppi, I desideri di Ceccotondo e la cortese Fatina Tilliri:
il singolare exploit surreale (con sfumature addirittura zavattiniane) di Giove Toppi, I desideri di Ceccotondo e la cortese Fatina Tilliri:
Gli ottonari in rima sono superflui: Toppi, benché sia fra i più anziani cartoonist italiani (i decani sono Guido Moroni Celsi e Yambo), padroneggia molto bene il linguaggio grafico del Fumetto.
Ho scomodato Cesare Zavattini, probabilmente esagerando, ma in Toppi c’è indubbiamente qualcosa del “surrealismo neorealista” che anima – e lo farà assai di più in seguito – il Fumetto italiano degli anni Trenta.
Ceccotondo da un lato riprende, modernizzandola, l’iterazione dei personaggi del Corriere dei Piccoli, dall’altra prelude perfino a Mandrago di Jacovitti. E, d’altra parte, il giovane termolese, nel 1935, è un entusiasta lettore dei periodici fiorentini.
La cosa più notevole, in questo periodo, è comunque la riduzione a fumetti, fatta dallo stesso autore, del romanzo Ciuffettino di Enrico Novelli, in arte Yambo:
Ciuffettino è ancora oggi un best seller della Narrativa per l’infanzia, un secolo dopo il suo esordio!
Yambo, come abbiamo visto parlando di Topolino e de I Tre Porcellini, in questo periodo è attivissimo in entrambe le scuderie principali del Fumetto italiano. Questo Ciuffettino a fumetti è di grande interesse, anche se meno visionario e sorprendente rispetto a Robottino e a Gli uomini verdi.
Rivedremo Ciuffettino più avanti, in casa Mondadori.
Altri fumetti italiani degni di nota, in questo primo periodo, sono Il Gringo di Giorgio Scudellari, quasi perfettamente mimetizzato col suo stile “americano”, e la prosecuzione delle avventure del “balilla” Gian Marco di Carlo Cossio:
Però tutte queste cose sono interessanti, forse, agli occhi dei collezionisti e degli studiosi degli anni Duemila. Invece oggi, nel 1935, Il giornale di Cino e Franco viene acquistato solo per i due eroi eponimi. I quali, dopo l’avventura coi gorilla, affrontano una vicenda para-medievale a base di rivali in amore e battaglie campali:
I lettori pare rispondano bene. A ben pochi sembra importare che la storia Nel favoloso regno del passato sia in sostanza una rimasticatura della Fiamma eterna della Regina Loana, apparsa appena un anno prima su Topolino. È la prima avvisaglia di un accadimento che Mario Nerbini non può certo prevedere: benché durante tutti gli anni Trenta i disegni di Nat Edson (grazie, Beka) si mantengano quasi sempre su un ottimo livello, sono i testi delle storie a passare dalla più alta tensione mitico-avventurosa di Sotto la bandiera del Re della Giungla e de La pattuglia dell’avorio, a vicenduole di scarsissimo spessore, a volte anche zoppicanti nelle trame, cui le approssimative traduzioni nerbiniane certo non giovano. Arriveremo al punto in cui la testata, disegnata da Giove Toppi, offrirà più fremiti dei fumetti interni!
Carlo Della Corte, nella prefazione Il senso della grande avventura al volume Cino e Franco edito nel 1967 dai Fratelli Spada, scrive: Uno scrittore che stimo moltissimo mi disse qualche anno fa: «Fu leggendo “Cino e Franco” che percepii per la prima volta il senso della grande avventura: dell’avventura all’aria aperta, nell’Africa selvaggia. E pensare che conoscevo già Hemingway!»
È proprio questo, oggi, nel ’34-’35, il destino comune a una generazione di lettori. Il coup de foudre per Cino e Franco è la scintilla che dà vita, in Italia, al poderoso incendio della passione per il Fumetto. Ma è anche un primo amore destinato a spengersi quasi subito. Di tale delusione, come vedremo presto, testimoniano perfino alcune lettere in redazione.
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