1935 - 3
Ottant’anni dopo, i comics visti nel precedente post appaiono preziosi reperti di straordinaria bellezza, ma oggi, nel 1935, con L’avventuroso nerbiniano che spopola, non...
...interessano praticamente nessuno. E infatti I Tre Porcellini, nonostante già col numero 5 inizi a pubblicare le autentiche Silly Symphonies, resta un giornale di scarsa circolazione:
Ancor prima della fusione col Supplemento, la redazione de I Tre Porcellini cerca dunque di rendere il giornale più appetibile, per un pubblico di adolescenti ormai smaliziati. I tre Porcellini è costretto a pubblicare le briciole di quello che Nerbini, Vecchi e lo stesso Mondadori, almeno da agosto in poi, lasciano libero e quindi, all’inizio, occorre rivolgersi agli italiani. Abbiamo giù visto quali sono gli autori disponibili, in Mondadori. Nel commissionare una storia “avventurosa” a Guido Moroni Celsi, che dà un’ottima prova di sé su Topolino con SK1, si pensa al genere western: probabilmente è ancora vivo il ricordo del successo di Colomba Bianca su Jumbo (sembra storia antica, ma è soltanto due anni fa!) e al Cinema, cow boys e indiani popolano già l’immaginario infantile e adolescenziale.
Questo interessante post di Carlo Scaringi su AfNews racconta molto bene le origini di Ulceda, la figlia del Gran Falco della prateria, che inizia ad essere pubblicato sul numero 11 del settimanale, datato 5 giugno XIII (il 1935 dell’Era Fascista).
Ulceda è molto importante, perché è all’origine di una genealogia di fumetti italiani che passa per il Kit Carson di Rino Albertarelli e arriva a Tex Willer di Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini: tutti autori che si formano nell’Anteguerra, nelle redazioni della SAEV, di Nerbini e di Mondadori.
L’eroe “bianco” è un italiano, “razza” oppressa da secoli nelle sue “naturali” aspirazioni nazionali, e l’incontro con la fiera “razza indiana” è da pari a pari: grande retorica para-fascista, naturalmente, ma è comunque significativo che i nativi americani non siano i “cattivi”.
Guido Moroni Celsi è un grande artista, oggi di difficile comprensione, per il suo stile a prima vista attardato, ma – come ho già detto – già “moderno” per l’uso del linguaggio del Fumetto.
Questa (scusate per la qualità ma la tavola è dietro ad un vetro) è una tavola originale di Ulceda, rimontata nel Dopoguerra per la ristampa nella serie “Albo d’oro”. È stata fortunosamente salvata dalla distruzione (notate la parte in basso a sinistra, tranciata dalla benna di una ruspa e ricostruita) all’epoca in cui l’archivio Mondadori fu disperso. Ci sarebbe tanto da dire, ma è meglio stare zitti.
Proprio su I Tre Porcellini nasce il primo nucleo degli autori italiani di fumetti, che negli anni fra il 1938 e la guerra, porterà alla creazione di una autentica scuola, voluta da Federico Pedrocchi nel tentativo di riscattare il Fumetto dalla sua condizione di artigianato, elevandolo a industria culturale. Spero di occuparmene estesamente, non solo in questa sede.
Sul n. 21 del 15 agosto, appare il trionfale annuncio dell’acquisizione di Topolino:
Per Mondadori, questo significa l’esclusiva di Disney per l’Italia: una posizione di privilegio che conserverà, con pugno di ferro, fino agli anni Ottanta.
Ma la prima autentica svolta del settimanale inizia solo col n. 26 del 19 settembre, quando, dopo la chiusura del Supplemento, appare finalmente (agli occhi di noi lettori del 1935, ovviamente) una serie “avventurosa” americana di tipo naturalistico: è il Robin Hood di Charles Flanders:
Di notevole interesse storico – e anche estetico – è Piero Pat (Peter Pat), serie singolare opera di Mo Leff, per anni “ghost artist” per due famosi cartoonist, Al Capp e Ham Fisher. Dello stile beffardo dei due, comunque, in questa serie durata pochissimo, dal 3 giugno 1934 al 28 luglio 1935 e su poche testate, non c’è traccia: è una favola di grande suggestione grafica, che – come unico limite – non sa se rivolgersi al pubblico di tutte le età dei supplementi domenicali americani, o solo ai lettori più giovani.
Yambo, ovvero Enrico Novelli, che abbiamo già visto su Topolino, scrive e disegna uno straordinario exploit fantascientifico, a partire dal numero 30. L’avventura si intitola Robottino ed è qualche passo avanti, nella padronanza del linguaggio per immagini (il linguaggio dei comics) rispetto agli altri italiani:
Robottino è di grande interesse per numerosi aspetti: la qualità del disegno decisamente liberty; la capacità visionaria, la commistione originale (diversa dai modelli disneyani) tra disegno “pupazzettistico” e toni drammatici ed epici, insomma “avventurosi”.
Purtoppo, la stampa di Robottino passa presto in bianco e nero:
Corrado (Kurt) Caesar, che abbiamo visto abbondantemente parlando del Vittorioso, esordisce su I Tre Porcellini con una imitazione “coloniale” di Cino e Franco, I due Tamburini. La serie inizia con uno stile singolare, a mezzi toni, ma passa ad un icastico tratto iper-contrastato, che renderà bene, quasi dieci anni dopo, le atmosfere allucinate della guerra in Libia.
Si ricorre anche ai fumetti britannici dell’Amalgamated Press, segno che i contatti di Mondadori con Vecchi si fanno più forti proprio in questo periodo:
Il problema di scelta non ci sarebbe stato, se ci si fosse sforzati di più a cercare.
RispondiEliminaSia PETER PAT che ROBIN HOOD era (guarda un po') titoli della KFS (e titoli di beve vita: Peter Pat durò poco più di un anno e Robin solo 3 mesi).
Eppure, negli Stati Uniti c'erano, in quel 1935, molte altre agenzie (AP, Bell, McClure, UFS, CTNYNS, NEA, etc.) e un gran numero di fumetti avventurosi, perché anche per gli americani quello era il periodo in cui fiorivano le continuity strips.
Ma forse le distanze, allora, erano maggiori e certo non era l'era del Villaggio Globale...
E' un problema che abbiamo già visto: oltre al KFS, sembra che nei primi anni Trenta ci sia il vuoto, in Italia. Terry And The Pirates (Chicago Tribune) è pubblicato sull'Avvneturoso solo nel 1938. Credo si trattasse, appunto, di un problema di comunicazione. L'editore più "sveglio" è certamente Vecchi, che su "L'Audace" e altrove pubblica anche serie di oscuri syndicates, e del resto anche i Del Duca, specie su "La Risata". Ne riparleremo, spero presto!
RispondiEliminaIn effetti, in questi giorni, ho avuto modo di vedere, sul delizioso sito di Joan Navarro (http://navarrobadia.blogspot.com), che anche l'equivalente spagnolo del nostro Topolino, "Mickey", nel 1935/36 presentava prevalentemente (accanto a qualche serie autoctona) materiale della KFS (MICKEY MOUSE, SILLY SIMPHONIES, ACE DRUMMOND, PETE THE TRAMP, LITTLE ANNEY ROONEY, MING FOO, THE G-MAN!, JUNGLE JIM).
RispondiEliminaTuttavia, accanto a tutto questo materiale, il "Mickey" spagnolo presentava anche TERRY AND THE PIRATES (che veniva dall'agenzia Chicago Tribune - New York News, abbastanza trascurata in Italia, tranne che dalla da te citata "La Risata", che pubblicò anche SMILIN' JACK e THE GUMPS).
Caro Fortunato, le tue puntuali osservazioni sono sempre preziose. In ambiente... balneare, andando a memoria - e com'è purtroppo mio solito di fretta - ho scritto che Terry appare nel '38 su "L'avventuroso". No, naturalmente: due anni abbondanti prima, proprio su "La risata" che ho citato a due righe di distanza!
RispondiEliminaQuando verrà il turno di quella collezione, ne vedremo delle belle...