È stato il
blog di Luca Boschi , la scorsa primavera, ad informarmi della morte di
Giorgio Bellavitis: che fu partigiano, amico e sodale di
Hugo Pratt ai tempi eroici dell’
Asso di Picche, e poi collaboratore prezioso del
Vittorioso. Un autore di talento, negli anni Quaranta e Cinquanta, che poi aveva lasciato la Nona Arte per dedicarsi con passione e grande successo personale alla sua professione di
architetto: viveva nella sua dolce Venezia e forse considerava il Fumetto solo una parentesi secondaria di una vita piena di cose più “serie”. Rimando al ricordo di Luca, col contributo di
Piero Zanotto e
Gianni Brunoro, per ogni altra notizia ed eventuale approfondimento. Qui mi preme ricordare che la critica di fumetti non ha mai speso un rigo su di lui. Con una sola eccezione: un bellissimo articolo di
Claudio Dell’Orso, con
intervista, apparso sul numero 13, credo proprio l’ultimo, della dimenticatissima
prozine “Nostalgia Comics”, diretta nei primi anni Ottanta da
Luciano La Spisa, insieme ad una pregevole ristampa del suo episodio di esordio. Nostalgia Comics chiuse presto, perché troppo indipendente, intelligente e raffinata: si sa come vanno queste cose. Riproduco la copertina di quel numero, senza data. Mi piacerebbe scansionare almeno il testo dell’intervista, ma non vorrei far cosa illecita… Claudio, se mi leggi, batti un colpo.
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Nel 1950, su soggetto di De Barba, Giorgio Bellavitis disegna per Il Vittorioso il suo primo “cineromanzo”,
I cavalieri del corvo, di ambiente medievaleggiante (come gran parte della sua produzione successiva).
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Ma la star del Vittorioso, in questo periodo, sullo stesso piano di popolarità di Jacovitti e Caprioli, è senz’altro
Giovanni De Luca. Ho accennato a lui in qualche post precedente. Con la sua produzione del 1950-51, raggiunge un primo apice della sua innovativa arte grafica. Un ottimo esempio è
L’impero del Sole, solo apparentemente un
pastiche azteco-atlantideo, e comunque i luoghi comuni che affronta, insieme all’onnipresente sceneggiatore
Roudolph (dovrò prima o poi trovare qualche notizia su di lui) anticipano di cinquant’anni gli abusatissimi temi cinematografici d’oggidì.
La sfinge nera si basa quasi esclusivamente sulle suggestioni scenografiche, quasi da quinte teatrali, di De Luca: molti anni dopo, sul “
Giornalino”, vedremo gli estremi sviluppi di questa particolare (e assai originale) visione dello spazio scenico da parte di De Luca.
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Solo apparentemente più convenzionale, ma ricercatissima dal lato puramente pittorico, è la lunga storia
Il tempio delle genti, pubblicata a fine 1950: notate l’uso del chiaroscuro, che spesso De Luca abbandonerà in favore di una sua originale “linea chiara” e poi di un
pointillisme affine a quello di
Caprioli ma risolto in chiave espressionista, invece che naturalistica.
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Nei prossimi post vedremo l’evoluzione, rapidissima, dello stile di questi autori nel corso del biennio 1951/52.
Nell’autunno del 1950, Il Vittorioso aumenta il numero delle pagine e modifica l’impostazione della copertina. Scompare la storia a puntate in prima pagina, classica impostazione dei classici “giornali” fino al 1949: al suo posto c’è una grande illustrazione, sullo stile del franco-belga “
Tintin”, a cui il settimanale cattolico evidentemente si rifà, almeno dal lato grafico. Il Vittorioso si avvia a trasformarsi in “rivista”, percorso che arriverà a compimento negli anni Sessanta. Parallelamente, stessa evoluzione avrà il “
Corriere dei Piccoli”, e dalla nuova forma editoriale scaturiranno poi, idealmente, le “
riviste d’autore”. Ma per ora, è un futuro lontano.