Scaffale 9

Eccoci alla prima delle collezioni di “antiquariato”: il settimanale
Il Vittorioso, uscito tra il
1937 e
1966, quasi senza interruzioni, unico caso in Italia.
Non l’ho mai amato, è bene essere subito chiari. Anche per questo, ha subito il destino della rilegatura. Il mio amico Frank, ingegnere, parla di “istinto di derivata continua”, riferendosi alla malattia del collezionista, che lo spinge a cercare prima ogni numero delle serie che ama di più, poi ogni altra serie che abbia qualcosa di interessante, infine – è lo stadio che ho attraversato anch’io, ma adesso sono guarito – le serie che non lo interessano affatto, ma che appartengono al medesimo contesto storico-culturale delle altre. Per me,
il Vittorioso fa parte della seconda categoria. Di interessante, per me, c’è ovviamente il grandissimo
Jacovitti, poi un po’ di
Caesar, poi
Landolfi, poi
De Luca e
Craveri, e qualche altro.
Inizio con una scheda del settimanale, presa dal mio cataloghino personale, la cui copertina è riprodotta nel primissimo post di questo blog:
IL VITTORIOSO - A. 1, n. 1 (9 gen. 1937) - a. 30, n. 53 (31 dic. 1 66). - Roma : Società Editrice A.V.E. - 1498 n. [1937-1966] - fumetti b/n e color. ; 40x30 cm. - Settimanale. - Il formato dall’a. 5, n. 46 (6 sett. 1941): 33x24,5 cm. ; dall’a. 5, n. 51 (20 dic. 1941): 36x27,5 cm. ; dall’a. n. 36,4x27 cm. ; dall’a. 10, n. 1 (20 gen. 1946): 34,4x24,3 cm. ; dall’a. 12, n. 1 (4 gen. 1948): 36,3x26,3 cm. ; dall’a. 19, n. 40 (5 ott. 1955): 37,5x26,6 cm. ; dall’a. 20, n. 1 (4 gen. 1956): 38x27,5 cm. ; dall’a. 24, n. 1 (1 gen. 1960): 35x25 cm. - Prosegue con:
Vitt.
Questo curioso striscione di propaganda lo trovai molti anni fa ad una mostra mercato, credo a Reggio Emilia, e lo conservo nel volume della prima annata, il
1937:

Il primo numero, e con esso gran parte della prima annata, è un insieme di povere cose, con due sole eccezioni: la serie
Gino e Piero del grandissimo
Franco Caprioli, qui stranamente sotto tono rispetto a ciò che il maestro di Mompeo faceva più o meno nello stesso periodo per
Argentovivo! e
Topolino, e l’esordio del vulcanico
Sebastiano Craveri.
Il problema è che
Il Vittorioso nasce nel tentativo di contrastare l’epocale, incredibile successo de
L’Avventuroso di Nerbini (Flash Gordon, L’Uomo Mascherato, Mandrake…), considerato volgare e diseducativo. Tentativo che non riuscirà mai, nemmeno dopo che il Fascismo provvide a bandire gli immortali
comics americani, nel 1938.

Queste sono, difatti, le uniche cose buone dei primi numeri. Il giornale non decolla, cambia direttore (il più tollerante
Francesco Regretti viene sostituito da
Luigi Gedda) e soprattutto viene chiamato a sollevare le sorti della testata un nome che oggi ha il sapore del mito:
Gian Luigi Bonelli, il futuro papà di
Tex. Intanto, prima che il salvatore arrivi, si intuisce che è meglio affidare a
Craveri, creatore di un mondo alternativo para-disneyano, di grande originalità, intelligenza e respiro narrativo (il mondo di
Zoolandia, con
Giraffone e soci), l’onere-onore del paginone finale, a colori:

Ad aprile del
1937, i fumetti (i
balloons, intendo) hanno finalmente pieno diritto di cittadinanza, così come le storie “avventurose” ispirate pesantemente al Jungle Jim di Alex Raymond, ed opera del discreto artigiano
Cozzi:

Ed eccolo,
Bonelli, affiancato dal notevolissimo
Corrado (Kurt) Caesar, raymondiano anche lui, ma non certo d’accatto, nelle serie del
Crociato e del
Crociato Nero (inquietante, anzichenò):

Ma i cambiamenti maggiori arrivano solo l’anno successivo. Nel
1938, ad Aprile, in piena guerra civile spagnola,
Caesar scrive e disegna le epiche gesta del volontario italiano (franchista)
Romano il legionario. Evito di entrare nel contesto bellico-politico, perché immagino che sarebbero dolori (furono commesse terribili atrocità da entrambe le parti in guerra, e anche stragi intestine all’interno di uno dei due schieramenti) e mi limito a osservare, perplesso, che secondo tutte le testimonianze – compresa quella di
Jacovitti – Caesar era antifascista convinto! Le tavole di
Romano, comunque, sono
canditi per gli occhi, per parafrasare gli anglosassoni:

Bonelli affronta il
West con un altro grandissimo disegnatore,
Antonio Canale, che lavorerà molto per
Mondadori, quando l’insuperato
Federico Pedrocchi chiamerà a raccolta le forze italiane migliori, in epoca di autarchia, per fare del settimanale
Topolino la più bella rivista per ragazzi di tutti i tempi. La serie “nonna” di
Tex è
La piuma verde:

Il Natale, ovviamente, è festa grande per il cattolicissimo
Vittorioso (edito in pratica dalla CEI), e il numero del 25 dicembre 1938 ha un supplemento – di non comune reperibilità – in cui appare per la prima volta uno dei grandi sostenitori del settimanale, ovvero l’asso
Gino Bartali. Il resto al prossimo post. Pant, pant… Ne avremo per parecchio tempo, temo.
La frase corretta è: "Ne avremo per parecchio tempo, SPERO" :-)
RispondiEliminaBeh, se non vi ammazzo di noia, allora invitate la lepre a correre, badate...
RispondiElimina;-)
Ciao
Leo
Se fai un paragone tra Il Vittorioso prebellico con L'Avventuroso e Topolino, è ovvio che ne esce piuttosto malamente, ma il periodo aureo del settimanale (come sono convinto tu abbia intenzione di farci vedere) è il dopoguerra.
RispondiEliminaComunque, permettimi di dissentire su "Romano" e i canditi oculari.
Il disegno di Kurt Caesar è bello quando si tratta di raffigurare mezzi meccanici.
Quando si passa alle figure umane è tutto copia.
Lasciatelo dire da un dilettante che ha scopiazzato un po' tutti i disegnatori appena interessanti che gli sono passati sotto gli occhiali.
Di Caesar mi è capitato di copiare qualche vignetta "meccanica", ma mai di copiare una figura: se dovevo copiare una copia di Raymond, andavo dritto alla fonte... (e magari oggi andrei alla fonte della fonte ;P)
Certo, Fortunato, il periodo aureo del settimanale va dal 1946/47 al 1955, e ovviamente mosterò tavole e ne parlerò. Anzi, nel prossimo post preciserò meglio il contesto in cui è nato il Vittorioso e il rapporto con Topolino e soprattutto L'avventuroso: mi dimentico sempre che queste cose, che siamo abituati a dare per scontate, per moltissimi sono del tutto nuove!
RispondiEliminaRiguardo a Caesar, mi permetto di dissentire. Intendiamoci, so benissimo che il tuo occhio di disegnatore vede le cose molto meglio di me... Ma non mi interessa molto che Caesar copiasse Raymond (non sempre, pochissimo nel '42 e successivamente, e sempre molto bene, a differenza dei colleghi). Mi interessa come sa "muovere" i personaggi, non solo gli splendidi mezzi meccanici. Non lo fa come altri grandissimi (Molino, Albertarelli! Ci mancherebbe...) ma lo fa. Nel Vittorioso, in questi anni, è validissimo. Imho, ovviamente.
A presto e grazie
Leo
Riguardo a Caesar, temo che non lo iscriverei neppure tra i migliori plagiari di Raymond: ha un suo fascino, ma, mi ripeto, capisce assai meglio la struttura interna di un aereo che quella ossea di un uomo.
RispondiEliminaErio Nicolò o il buon Al Williamson (ché i copisti non sono mica tutti italiani) sono su di un altro livello.
Poi, chiaramente, c'è un mio personale problema (che, invece di migliorare, peggiora con gli anni).
Quando mi si fa la classica domanda se sia più importante una buona storia o un buon disegno, io rispondo che la storia è preminente.
Ma, in realtà, predico bene e razzolo male.
Il disegno conta molto (troppo) nel mio gradimento.
Anche un lavoro come "I maestri dell'orzo", che, presumo, metta tutti d'accordo, non mi trova tra quei "tutti": Vallès scopiazza RIP KIRBY con una tale mancanza di ritegno che non mi riesce proprio di seguire la trama di Van Hamme.
Ma sto divagando...
Sorry!
Divaga, divaga, è molto interessante! Grazie!
RispondiEliminaSai che non conosco "I maestri dell'orzo"? Ma è il titolo di una traduzione italiana? Me lo sono proprio perso...
Mi riferivo alla serie francofona "Les maîtres de l'orge", saga familiare degli Steenfort, birrai belgi, dalla metà dell'800 ad oggi.
RispondiEliminaLa serie (conclusa) vanta 8 volumi usciti originalmente tra il 1992 e il 1999 per Glenat.
In Italia è stata pubblicata dapprima dall'Eura con il titolo originale, mentre il titolo "I maestri dell'orzo" (traduzione letterale del titolo francese) credo sia stato usato solo sul Classico di Repubblica serie oro 45 del 2005.
Io ho provato a leggerlo, ma non c'era pagina in cui non riconoscessi delle "riprese" da RIP KIRBY e la cosa mi infastidiva assai.
Oltre a ciò, i "Maestri" ha anche un altro problema grafico: Vallès, come moltissimi disegnatori "moderni", è documentato e meticoloso, ma le sue linee sono prive di forza, come in un compitino pulito pulito, ma totalmente privo di personalità.
A mio parere "I maestri dell'Orzo" è un gran bel fumetto.
RispondiEliminaIn fondo costoro hanno imitato Alex Raymond, mica Art Spiegelman...
Personalmente preferisco leggere una bella storia disegnata "che si potrebbe disegnare molto meglio", piuttosto che affrontare una sceneggiatura logorroica disegnata da un maestro in stato di grazia.
Di esempi, se volete, ne posso fare parecchi.