Beh, ignorate le barchette, i pupazzetti e gli altri ricordini sul ripiano dello scaffale: ognuno ha un significato “fumettistico”, ma non mi sembra il caso di parlarne qui. Questo blog è una scusa per prendere in esame alcune serie classiche dimenticate, quindi è meglio non perdere troppo tempo con cose assolutamente secondarie. Ne mostro una soltanto:
L’ho trovata molti anni fa in una soffitta. Se qualcuno degli amici “archeologi” mi legge, può confermare che i tratti “somatici” del pupazzo ricordano molto lo stile di Sebastiano Craveri? Presto avremo a che fare col Vittorioso, magari salterà fuori un archetipo…
Questo è lo scaffale dedicato principalmente all’opera di Georges Rèmi, in arte Hergé. Scandalizzerò subito Gianfranco (e Andrea, che fortunatamente non mi legge) dicendo che non sono mai stato un fan di Tintin: lo sono invece di Edgar Pierre Jacobs, che del primo fu amico e collaboratore, giungendo anche a intervenire in alcune storie del piccolo eroe belga. Ma Tintin è un “pezzo” importantissimo del Fumetto internazionale, e quindi non potevo fare a meno di leggere (e possedere), in un modo o l’altro, tutta la sua produzione. Non sono francofono, come ho già detto, ma la lingua d’oltralpe riesco bene o male a decifrarla (perdendo tutti i giochi di parole), e quindi, oltre ai fumetti in italiano, ci sono alcune versioni rare e anche alcuni imprescindibili saggi sull’argomento, mai tradotti nel nostro idioma.
Il primo volume a sinistra non riguarda Hergé: è la vecchia edizione (primi anni Settanta) del Futuropolis di Pellos, uscita nel 1937 e ispirata a Metropolis di Fritz Lang, con un occhio a Flash Gordon. Opera visionaria, qui ristampata, credo per la prima e l’ultima volta, in grande formato e coi colori originali. Credo si tratti di un volume ormai introvabile.
L’opera di Hergé, sistemata sullo scaffale in modo cronologicamente un po’ grossolano, si apre con la pregevole edizione a colori, in versione integrale, della storia Le temple du Soleil, giusto una di quelle alle quali collaborò il grande Jacobs. A differenza dell’edizione classica in cartonato “verticale”, questa, impaginata in orizzontale, è fedelissima alla prima versione apparsa sul settimanale Tintin, nel 1946: paginone doppie a colori.
Seguono i favolosi Archives Hergé, edizione integrale (o quasi) del Tintin – ma non solo – apparso in bianco e nero nell’Anteguerra sul supplemento Le petit Vingtiéme: come sanno anche i sassi (o dovrebbero sapere), Hergé ha ridisegnato, attualizzandole, gran parte delle sue storie, alcune anche due volte. L’operazione, di sapore orwelliano, non mi è mai piaciuta, ma tant’è. Sa di revisionismo, quello della peggior specie. Queste sono le versioni originali, quattro volumoni molto ben fatti, e con un irresistibile, almeno per me, sapore d’antan.
Accanto, tre saggi, due dei quali di grande interesse: intendo soprattutto quello di Benoit Peeters, Le Monde d’Hergé, che racconta, con dovizia di immagini a colori, tutta l’intricata vicenda di cui sopra: una lettura appassionante. Forse ancora più ricco, ma meno limpido (sebbene anch’esso imperdibile), è Hergé et Tintin Reporters, di Philippe Goddin, che si focalizza sul Petit Vingtieme e sulla rivista Tintin, mentre Peeters incardina lo studio sui cartonati.
Accanto, un dono prezioso, fattomi da un amico all’epoca in cui ero molto attivo come storico e critico del Fumetto, prima che iniziassi a inseguire vanamente certi sogni proibiti: si tratta dell’edizione della prima storia di Tintin, Au Pays des Soviets (1929), a lungo “maledetta” e ristampata una prima volta nel 1969 in tiratura limitatissima e fuori commercio. Questo esemplare fa parte delle copie riservate all’autore ed è autografata da Hergé!
Questo è lo scaffale dedicato principalmente all’opera di Georges Rèmi, in arte Hergé. Scandalizzerò subito Gianfranco (e Andrea, che fortunatamente non mi legge) dicendo che non sono mai stato un fan di Tintin: lo sono invece di Edgar Pierre Jacobs, che del primo fu amico e collaboratore, giungendo anche a intervenire in alcune storie del piccolo eroe belga. Ma Tintin è un “pezzo” importantissimo del Fumetto internazionale, e quindi non potevo fare a meno di leggere (e possedere), in un modo o l’altro, tutta la sua produzione. Non sono francofono, come ho già detto, ma la lingua d’oltralpe riesco bene o male a decifrarla (perdendo tutti i giochi di parole), e quindi, oltre ai fumetti in italiano, ci sono alcune versioni rare e anche alcuni imprescindibili saggi sull’argomento, mai tradotti nel nostro idioma.
Il primo volume a sinistra non riguarda Hergé: è la vecchia edizione (primi anni Settanta) del Futuropolis di Pellos, uscita nel 1937 e ispirata a Metropolis di Fritz Lang, con un occhio a Flash Gordon. Opera visionaria, qui ristampata, credo per la prima e l’ultima volta, in grande formato e coi colori originali. Credo si tratti di un volume ormai introvabile.
L’opera di Hergé, sistemata sullo scaffale in modo cronologicamente un po’ grossolano, si apre con la pregevole edizione a colori, in versione integrale, della storia Le temple du Soleil, giusto una di quelle alle quali collaborò il grande Jacobs. A differenza dell’edizione classica in cartonato “verticale”, questa, impaginata in orizzontale, è fedelissima alla prima versione apparsa sul settimanale Tintin, nel 1946: paginone doppie a colori.
Seguono i favolosi Archives Hergé, edizione integrale (o quasi) del Tintin – ma non solo – apparso in bianco e nero nell’Anteguerra sul supplemento Le petit Vingtiéme: come sanno anche i sassi (o dovrebbero sapere), Hergé ha ridisegnato, attualizzandole, gran parte delle sue storie, alcune anche due volte. L’operazione, di sapore orwelliano, non mi è mai piaciuta, ma tant’è. Sa di revisionismo, quello della peggior specie. Queste sono le versioni originali, quattro volumoni molto ben fatti, e con un irresistibile, almeno per me, sapore d’antan.
Accanto, tre saggi, due dei quali di grande interesse: intendo soprattutto quello di Benoit Peeters, Le Monde d’Hergé, che racconta, con dovizia di immagini a colori, tutta l’intricata vicenda di cui sopra: una lettura appassionante. Forse ancora più ricco, ma meno limpido (sebbene anch’esso imperdibile), è Hergé et Tintin Reporters, di Philippe Goddin, che si focalizza sul Petit Vingtieme e sulla rivista Tintin, mentre Peeters incardina lo studio sui cartonati.
Accanto, un dono prezioso, fattomi da un amico all’epoca in cui ero molto attivo come storico e critico del Fumetto, prima che iniziassi a inseguire vanamente certi sogni proibiti: si tratta dell’edizione della prima storia di Tintin, Au Pays des Soviets (1929), a lungo “maledetta” e ristampata una prima volta nel 1969 in tiratura limitatissima e fuori commercio. Questo esemplare fa parte delle copie riservate all’autore ed è autografata da Hergé!
Segue l’ultima storia del piccolo reporter, Tintin e l’Alph-Art, rimasta allo stato di abbozzo a matita. Ci sarebbe da fare un lungo discorso sulla tecnica utilizzata da Hergé, e anche da Jacobs, per realizzare i fumetti: versioni successive, dallo stato di confuso abbozzo fino a distillare progressivamente una limpida linea chiara, il loro marchio stilistico distintivo. Questa è la prima edizione.
Infine passiamo ai Tintin veri e propri. In Italia ci sono stati quattro tentativi di pubblicazione dell’opera. Escludendo una rivista - e un albo - di Vallardi, che vedremo poi, il primo, negli anni Sessanta, fu ad opera dell’editore genovese Gandus: furono editati, in forma non cartonata, solo una parte dei titoli, in tre successive edizioni. Io possiedo la seconda, uscita in libreria a cavallo del 1970. Avevo anche gran parte dei titoli della terza, in versione cartonata, dei tardi anni ottanta: ma la scambiai, sconsideratamente, con alcuni Topolino libretto… Così rimane l’edizione Comic Art, questa completa, con alcuni titoli “rari”, che mi hanno fatto penare: specialmente, guarda caso, Tintin al paese dei Soviet. Di cui mi ritrovo a possedere ben tre edizioni!
Infine passiamo ai Tintin veri e propri. In Italia ci sono stati quattro tentativi di pubblicazione dell’opera. Escludendo una rivista - e un albo - di Vallardi, che vedremo poi, il primo, negli anni Sessanta, fu ad opera dell’editore genovese Gandus: furono editati, in forma non cartonata, solo una parte dei titoli, in tre successive edizioni. Io possiedo la seconda, uscita in libreria a cavallo del 1970. Avevo anche gran parte dei titoli della terza, in versione cartonata, dei tardi anni ottanta: ma la scambiai, sconsideratamente, con alcuni Topolino libretto… Così rimane l’edizione Comic Art, questa completa, con alcuni titoli “rari”, che mi hanno fatto penare: specialmente, guarda caso, Tintin al paese dei Soviet. Di cui mi ritrovo a possedere ben tre edizioni!