lunedì 27 settembre 2010

L’Audace




Premessa


Quello che sto per trattare – ma andrò avanti, a Dio piacendo, per molto tempo, come al solito inframmezzando la scheda con quelle di molti altri giornalini – è il terzo periodico dell’aurea “triade” degli anni Trenta, ovvero il “sancta sanctorum” dei collezionisti di fumetti della vecchia scuola.

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, infatti, a Topolino e a L’Avventuroso, il "canone" dei cultori di comics affiancava L’Audace, uscito nel 1934 per la SAEV e proseguito nella sua forma classica fino al 1940, dopo una breve parentesi mondadoriana.

Ma L’Audace non si limitò ad essere un giornale di tipo tradizionale. Dopo un esperimento di autogestione da parte dei suoi redattori, si trasformò infatti in albogiornale (una forma ibrida di cui parlerò in futuro) e fu gestito direttamente da Gian Luigi Bonelli, per concludere la propria parabola nel 1944, poco prima dell’alba della Liberazione. Durante il conflitto, L’Audace Bonelli tenne a battesimo una nuova forma di Fumetto italiano “popolare”, ma con autori appartenenti al Gotha dei nostri fumettari, da Rino Albertarelli a Paul Campani.
Il settimanale Audace proseguì poi dopo la Seconda Guerra Mondiale, trasformandosi infine in un marchio che – formalmente e idealmente – si identificò con la Casa Editrice, portando la fiaccola dell’antica testata almeno  fino agli anni Settanta del Novecento.
La storia de L’Audace, sia dal punto di vista editoriale che dei contenuti, è estremamente complessa e quindi assai affascinante. Il mio racconto, se avrò forze a sufficienza, si fermerà comunque nel 1944, quando si esauriscono i fascicoli a cui ho accesso. Invece di una divisione per annate, vista la natura particolare del periodico, ho preferito una scansione per successive “versioni”, ognuna delle quali è caratterizzata da peculiari aspetti formali e di contenuto.

Questa, intanto, è una scheda bibliografica essenziale:

L’ AUDACE: viaggi sports avventure. - A. 1, n. 1 (s.d., ma 7 gen. 1934) - a. 11, n. 467 (10 feb. 1944). - Milano : Società Anonima Editrice Vecchi S.A.E.V.. - 467 n. più 2 n. ripetuti e 3 suppl. : racconti in testo, fumetti b/n e color. ; 26x18 cm. - Settimanale. - Il formato dall’a. 1, n. 35 (1 set. 1934): 39x27 cm. ; dall’a. 2, n. 60 (23 feb. 1935): 39x28 cm. ; dall’a. 8, n. 331 (18 gen. 1941): 31x21 cm ; dall’a. 9, n. 385 (12 feb. 1942): 24x16,5 cm ; dall’a. 9, n. 389 (1942): 28x19,5 cm - Il titolo perde l’articolo dall’a. 5, n. 209 (1 gen. 1938) - Il complemento del titolo scompare dall’a. 6, n. 278 (4 mag. 1939). - Dall’a. 9, n. 385 (12 feb. 1942): Albo Audace. - Luogo ed editore dall’a. 6, n. 262 (7 gen. 1939): Milano : Anonima periodici Italiani A.P.I. [Mondadori] ; dall’a. 6, n. 298 (14 set. 1939): Milano : Società Anonima Editrice Vecchi S.A.E.V. ; dall’ a. 7, n. 325 (30 nov. 1940): Milano : I.D.E.A. ; dall’a. 8, n. 331 (18 gen. 1941): Milano : Redazione Audace [Bonelli] - [è considerato “giornale” a fumetti dal n. 60 al n. 330]

Ora, però, esaurita la necessaria premessa, torniamo all’oggi, che – come ben sappiamo – è il 1934, e proseguiamo la nostra cronaca “in diretta” del giornalinismo italiano…

Prima versione: numeri 1-34 (1934)
Prima parte
Come abbiamo già detto, Vecchi affianca a Jumbo, a partire dal 1933, Tigre Tino, Rin Tin Tin, Primarosa e Cine Comico, in modo da smaltire il materiale acquistato dall’Amalgamated Press e allo stesso tempo occupare ogni possibile nicchia di mercato, dai bambini più piccoli alle ragazzine. La SAEV ha comunque, all’inizio degli anni Trenta, una già lunga tradizione di editore di “dispense”, ove con questo termine si intendono i fascicoli “avventurosi” con interminabili racconti scritti, che dal punto di vista letterario, sono una trasformazione del classico feuilleton ottocentesco. Negli ultimi giorni del 1933, quando il rivoluzionario Jumbo è ancora sulla cresta dell’onda, Vecchi allestisce un nuovo giornalino, appunto “avventuroso”, diretto agli adolescenti. Come al solito, nelle edicole è distribuito il saggio gratuito pubblicato in apertura di questo post. Una settimana dopo, il 7 gennaio 1934, nelle edicole appare il nuovo periodico, sedici pagine di piccolo formato, quasi tutte in nero e stampate in modo approssimativo su una carta particolarmente povera:




Due parole sul fortunatissimo titolo: Audace è, nella prima metà del Secolo scorso, una parola altamente evocativa. Non si contano le palestre, le società sportive, le associazioni (quando tollerate dal Regime) che si chiamano in tal modo. Audace è un aggettivo che evoca quartieri urbani popolari, partite di calcio, incontri amatoriali di pugilato; si adatta ai sogni di un proletariato e di una piccola borghesia che ancora costituiscono un fittissimo tessuto sociale.
Qualcuno potrebbe pensare che L’Avventuroso nerbiniano abbia imitato – nel titolo – L’Audace, ma probabilmente è vero il contrario, nonostante le date di uscita dei due settimanali: già nel 1926, infatti, la Nerbini fa uscire un periodico per ragazzi dal titolo L’Avventuriero.
Questo è il contenuto del n. 1:






Il problema è che L’Audace, che contiene praticamente solo storie in testo, appare attardato, in altre parole decisamente vecchio, non solo rispetto agli standard dei settimanali a fumetti, ovvero Jumbo e Topolino, ma perfino se paragonato alle “dispense” coeve. L’aria che si respira è di primo Novecento; ricorda un po’ il glorioso Giornale dei viaggi e delle avventure di Sonzogno e un po’ i settimanali di Picco e Toselli degli anni Venti.
Insomma, non ci siamo affatto, e il pubblico reagisce in modo men che tiepido. Unica nota interessante, a parte alcune piccole tavole britanniche umoristiche, sono le copertine, che ottant’anni dopo appariranno fascinose:









L’ultima copertina, fra liberty e déco,  ricorda molto le navi spaziali del Buck Rogers di Phil Nowlan e Dick Calkins (1929), serie che peraltro è ancora sconosciuta in Italia. Forse a ispirarsi al primo fumetto di fantascienza americano è l’anonimo artista delle copertine de L’Audace, certamente britannico.

4 commenti:

  1. Leo,
    ottimo parlare dell'«Audace», mitica testata.
    Il disegnatore delle copertine è Edgardo Dell'Acqua.
    Sergio

    RispondiElimina
  2. Molto interessante, Sergio!
    Hai documentazione in merito? Oppure l'attribuzione deriva da una tua analisi del disegno? Sarebbe molto interessante discuterne...
    Grazie!

    RispondiElimina
  3. Qualcuno mi può aiutare? Mi interesserebbe sapere i numeri della rivista in cui è stato pubblicato il "DON CHISCIOTTE" (1939) di Pedrocchi e Bioletto? RIngrazio fin da ora.

    RispondiElimina