La crisi del “giornale a fumetti”
Il 1949 è un anno di svolta, anzi addirittura di cesura, per il Fumetto italiano. In un breve volgere di mesi, entra in crisi definitiva una forma editoriale che aveva dominato il mercato per almeno diciassette anni, ma le cui origini risalivano al 1908, con il Corriere dei Piccoli, e anche a prima. Gli anni Trenta, con l’esplosione del “fenomeno americano”, avevano portato – come vedremo più in là – ad una proliferazione incredibile di testate, e il “giornale a fumetti”, la forma editoriale di cui stiamo parlando, aveva superato bene o male la crisi profonda della Seconda Guerra Mondiale, nonostante le grandi novità impostesi negli anni Quaranta. Il tipico “giornale” era – come “Il Vittorioso” – un settimanale di grande formato, con 8/16 pagine, in parte a colori, ognuna delle quali, mediamente, pubblicava una puntata di una serie a fumetti; anche “Topolino”, oltre alle storie disneyane, ospitava, sempre una per pagina, serie di altri autori, anche diversissime tra loro.Sorvolando per ora sulle cause, la formula del “giornale” entra in crisi nel Dopoguerra, con un’accelerazione progressiva a partire dal 1948. Molte testate aprono e chiudono in un breve volgere di mesi, ma il segnale definitivo è dato proprio da “Topolino”, che nell’aprile del 1949 si trasforma in un mensile di piccolo formato, denso di pagine, un “tutto Disney” che abbandona il meccanismo delle “puntate” e che ha subito un grande successo. Come fosse un segnale convenuto, gli altri editori si adeguano precipitosamente: il primo è “L’avventura” di Capriotti, indegno erede del leggendario “L’avventuroso”, che fa esattamente la stessa cosa nel giugno di quell’anno; l’ultimo “L’Intrepido” dei Del Duca, alla fine del 1951; altri, semplicemente, chiudono i battenti, oppure lo hanno già fatto nel 1948, come il leggendario “Robinson”. Nel 1952, nelle edicole, non ci sono più i settimanali multicolori, formato tabloid, che le avevano pavesate per tanti anni.
domenica 26 luglio 2009
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