giovedì 9 giugno 2011

Topolino, diciassettesima parte

1936 - II

© Disney ovunque


Notate le piccole rime, nei quattro cartigli alternati alle vignette: sono gli ultimissimi esempi di strofette, come quelle del Corriere dei Piccoli, destinate a sparire in queste settimane.
Le tavole domenicali del Mickey Mouse di Floyd Gottfredson e collaboratori sono quasi tutte autoconclusive: le grandi storie avventurose si contano sulle dita di una mano. Ma esistono alcuni piccoli cicli che stanno a metà strada tra la gag-a-day, sempre piacevole ma poco stimolante, e le favolose imprese eroiche. Un esempio è la deliziosa storia che vede il Grande Topo alle prese con un antagonista, Mortimer Mouse, da noi rinominato Felice il bel Gagà.





Si tratta di un caso di (voluta?) confusione con un altro personaggio, ovvero quel Mr. Slicker che insidia Minnie nelle dailies dell’ottobre 1930, presentate da Mondadori nella collana Nel Regno di Topolino n. 23 del 1-9-1936 e dunque quasi in contemporanea con queste. Anche Slicker è “tradotto” con l’appellativo Il bel Gagà:



Il Bel Gagà pubblicato su Topolino nel 1936 è invece, originariamente, il protagonista di un coevo cortometraggio animato, Mickey’s Rival, in cui sfoggia un’auto di lusso e si qualifica certamente fra i più riusciti “antipatici” della saga di Mickey Mouse:








Ma il Topo Eroico è tutto nelle strisce giornaliere:
 


Concluso Il misterioso “S”, inizia a la pubblicazione di Topolino e lo Struzzo Oscar, storia “animalista” assai simile, nella struttura, a Pluto corridore e comunque tipica della sapiente tecnica disneyana di interrompere ogni tanto la catena delle storie avventurose e drammatiche con una commedia slapstick. Per un breve periodo, le giornaliere vengono colorate e pubblicate in prima pagina:




Lo scontro tra Pippo e Oscar è fra i più godibili in assoluto della saga. Gottfredson, pur ricalcando l’analoga situazione in Topolino e l’elefante dell’anno precedente, riesce ad essere originale e assolutamente irresistibile.




Notate l’uso delle linee cinetiche e della ripetizione “cinematografica” delle immagini, rarissima nei fumetti anni Trenta, che riescono a rendere il movimento in modo originale e autonomo rispetto all’animazione.


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