sabato 12 novembre 2011

Un vero scoop: Il Topolino - integrale - di Guasta

© Disney un po' ovunque

La benemerita associazione GAF - Firenze (Gruppo Amici del Fumetto) ha allestito per i suoi soci un fascicolo, fuori commercio e a scopo di studio e documentazione, che raccoglie integralmente le tavole "apocrife" di Guglielmo Guastaveglia, in arte Guasta.


«GLI ALBI DI EXPLOIT» N. 23 IL TOPOLINO DI GUASTA
Collana di Albi, riservata ai Soci, edita a scopo di studio e documentazione

Se ne è parlato estesamente, sia in questo blog che altrove. Ma è un fatto che gli amici del GAF sono riusciti a trovare, presso un misterioso collezionista privato, tutte le tavole pubblicate nel 1931 su "Il Popolo di Roma".
Le sorprese, anche notevoli, non sono mancate. D'accordo con l'autore, posto qui l'illuminante articolo che apre il fascicolo, con le sue eloquenti illustrazioni.

IL TOPOLINO DI GUGLIELMO GUASTAVEGLIA

di Sergio Lama

Il primo fu Italo Pileri, che in uno “Speciale” Anaf, dedicato a Topolino, edito nel 1980 in occasione del decennale della gloriosa associazione, dette la notizia del ritrovamento di alcune tavole titolate “Topolino”, apparse nel 1931 sulle pagine del quotidiano «Il Popolo di Roma». Gli apocrifi erano disegnati da Gugliemo Guastaveglia, che si firmava Guasta, per la rubrica “Il Giovedì dei bambini” che il giornale della Capitale pubblicava il giovedì.
Il topo disneiano aveva fatto la sua prima comparsa in Italia l’anno prima grazie all’intuito di Lorenzo Gigli, direttore dell’«Illustrazione del Popolo», il supplemento settimanale della torinese «Gazzetta del Popolo».
Su quelle pagine, però, erano state riprodotte, anche se in ordine sparso, le strisce originali, mentre nel caso del «Popolo di Roma», la situazione era diversa: le tavole del Topolino, composte di sei o nove vignette, erano storielle autoconclusive, appositamente scritte e disegnate per il giornale romano che, fin dall’inizio del 1931, riservava una mezza pagina ai bambini pubblicando le tavole di Zizì al zoo, storielle comiche sempre disegnate dal Guastaveglia.



Grazie ad un anonimo collezionista, che nemmeno sotto tortura intende rivelare la sua identità, siamo riusciti ad avere nella loro integrità tutte le diciassette tavole topoliniane prodotte dal Guasta per il «Popolo di Roma».
Due le conoscevamo da tempo, le altre cinque erano state recentemente reperite dal collezionista e studioso di comics Massimo Bonura che aveva scritto due articoli sull’argomento, apparsi sul «Notiziario Gaf» n. 423 e sul «Fumetto» n. 774, entrambi editi nello scorso marzo.
In quegli articoli si documentava come Guastaveglia, dopo un primo artigianale approccio - le prime tre tavole e qualcuna delle successive hanno trama e ambientazione prettamente “nostrali” - per le seguenti si fosse ispirato proprio alle strisce originali di Ub Iwerks, Walt Disney e Win Smith.



La penultima vignetta della tavola del 14 maggio 1931 del «Popolo di Roma» ripropone l’ultima vignetta della striscia originale del 5 giugno 1931.

Del resto l’aggiunta che appare in calce dalla quinta tavola in poi delle scritte “Esclusività per l’Italia” e “Riproduzione vietata”, parrebbe avvalorare l’ipotesi che Guasta, grazie ad un accordo tra il rappresentante della Disney, Guglielmo Emanuel, e la direzione del «Popolo», avesse avuto la possibilità di avere sott’occhio proprio le patinate originali fornite dal rappresentante in Italia del King Features Syndicate.
Il reperimento di tutto il pubblicato della serie ci ha permesso di verificare analiticamente gli spunti - e non solo quelli - che il disegnatore romano aveva tratto dalle strisce disneiane, confermando quella teoria.


La quarta vignetta della tavola del 4 giugno 1931 del «Popolo di Roma» ripropone, appena modificata, la quarta vignetta della striscia originale del 17 febbraio 1931.

La sequenza delle tavole di Topolino pubblicate sul «Il Popolo di Roma» inizia il 16 aprile 1931 e termina il 13 agosto dello stesso anno. Non esiste la tavola di giovedì 30 aprile, mentre la consueta “Pagina del Bambini” è anticipata al mercoledì 29 aprile, priva però della tavola dedicata a Topolino.
Le prime tre tavole (16 e 23 aprile e 7 maggio) nulla hanno in comune con le strisce originali: Topolino e Topolina si scontrano con Mio Miao, un gattone nero rappresentato graficamente identico al Felix the Cat di Pat Sullivan e Otto Messmer, in garbate gag che si risolvono inevitabilmente con la sconfitta di Mio Miao.



Le ultime tre vignette finali della tavola del 4 giugno 1931 del «Popolo di Roma» ripetono le ultime tre della striscia del 20 febbraio 1931.

Nelle successive (14, 21 e 28 maggio) Topolino ha a che fare con un nuovo avversario: si tratta di Maramao, un altro temibile antagonista, in una serie di “comiche” che hanno come scenario un fondale prettamente nostrale: vedi la bottega di salumeria con le forme di “parmigiano” (tavola 21 maggio) o il riferimento alla partita di calcio (tavola 28 maggio).
Il bello è che l’immagine di Maramao è pressoché identica a quella di Kat Nipp, ovvero il Gatto Nip, un personaggio che Italia apparirà solo nel giugno del 1936 sulle pagine di Topolino in guerra col Gatto Nip, albo n. 17 della mondadoriana collana «Nel Regno di Topolino». Dunque è impensabile che Guasta, osservando le fattezze della figura di Maramao, non avesse sott’occhio le dailies americane.



Sopra: le strisce originali del 31 gennaio e dell’1 febbraio 1930.
Sotto: le nove vignette che compongono la tavola dell’11 giugno 1931 del «Popolo di Roma» riprendono integralmente le due strisce sopra indicate.

Da questa tavola in poi, spesso, le storielle autoconclusive del Topo “italiano” si arricchiscono di spunti e situazioni sicuramente provenienti dalle strisce originali.
Nelle pagine seguenti possiamo vedere alcuni esempi tra i più significativi di queste analogie. Per renderle ancora più evidenti abbiamo scomposto le tavole del «Popolo» in vignette, come se fossero vere e proprie strisce giornaliere.



Le tre vignette (quinta, sesta e settima, che compongono la tavola del 25 giugno 1931 del «Popolo di Roma», si rifanno, con qualche variante, alla striscia originale del 21 gennaio 1930.

 




Le sei vignette che compongono la tavola del 2 luglio 1931 del «Popolo di Roma» ripresentano integralmente, salvo l’aggiunta della vignetta finale, con Topolino che si mangia una coscia di tacchino arrosto, la striscia originale del 27 febbraio 1930.




Le prime quattro vignette della tavola del 9 luglio 1931 del «Popolo di Roma» ripropongono, con una modifica nella prima vignetta l’intera striscia originale del 15 maggio 1930.




Le ultime tre vignette della tavola del 9 luglio 1931 del «Popolo di Roma»  ripresentano quasi integralmente la parte finale della striscia originale del 17 maggio 1930.


La tavola del 16 luglio 1931 del «Popolo di Roma» è composta dalle cinque vignette della striscia originale del primo marzo 1930 con l’aggiunta dell’ultima vignetta che vede Topolino immerso nella vasca da bagno.



La quarta e la sesta vignetta della tavola del 30 luglio 1931 del «Popolo di Roma» riprendono quasi totalmente la parte finale della striscia originale del 27 dicembre 1930.

Dopo l’ultima tavola del 13 agosto, la settimana successiva, il 20 agosto, in sostituzione di “Topolino”, appare un breve racconto: Modestino e Borione illustrato da alcune vignette di Guasta.
Il 27 agosto 1931, la pagina dedicata al “Giovedì dei bambini” cambia nome e diventa “Per i nostri piccoli amici”. La tavola di Topolino, scompare definitivamente ed è sostituita da un’altra con protagonista un personaggio dal curioso nome di Sempresì, autore lo stesso Guasta. Sono brevi gag che hanno come figura principale il moretto Ben Alì, che dice sempresì, un infelice fanciullo negro, al servizio di un irascibile burbero vecchio padrone al quale risponde rispettosamente sempre con la stessa frase: “si badrone”.
Sempresì ne combina di tutti colori rimediando gli urlacci e gli insulti del suo datore di lavoro e, alla fine delle brevi storielle, la vignetta finale vede l’ingenuo e tiranneggiato ragazzino, inevitabilmente preso a calcioni. Sempresì continuerà ad essere presente sulle pagine del «Popolo di Roma», salvo brevi intervalli, fino alla fine del 1931.


La prima tavola di Sempresì, apparsa sul «Popolo di Roma» del 27 agosto 1931.

Bibliografia
Massimo Bonura, Leonardo Gori, Sergio Lama - Un topo sconcertante in «Notiziario Gaf» n. 42, marzo 2011.
Massimo Bonura - Collezionismo Disney in Italia: Anni Trenta in «Fumetto» n. 77, marzo 2011.
Luca Boschi, Leonardo Gori Andrea Sani (con Alberto Becattini) - I Disney italiani, Granata Press, Bologna, 1990.
Fabio Gadducci, Leonardo Gori, Sergio Lama - Eccetto Topolino. Lo scontro culturale tra Fascismo e Fumetti, Nicola Pesce Editore, Roma, 2011.

 
***

Fin qui lo straordinario articolo di Sergio Lama: il fascicolo del GAF - Firenze, che ripeto è strettamente riservato ai soci, prosegue con la pubblicazione integrale delle tavole del Topolino di Guasta.
Colgo l'occasione, come si dice, per proporvi la copertina del nuovo numero della rivista "Notiziario GAF", anch'essai in distribuzione esclusiva ai soci del sodalizio e che verrà presentata alla prossima mostra mercato di Reggio Emilia, a Dicembre.


31 commenti:

  1. per citare Dart Fener, "notevole, veramente notevole...", complimenti!

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  2. scusate qualcuno mi potrebbe dire se è già uscito in libreria il libro Eccetto Topolino o se sa quando esce e dove si può acquistare?

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  3. "Eccetto Topolino" sarà in libreria entro la fine del mese. Comunque può già essere acquistato direttamente sul sito della NPE.

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  4. Due parole sulla presenza dello scrittore Luigi Motta su "Topolino" e "L'Avventuroso": a mio parere assai intrigante la storia disegnata da uno straordinario Ferdinando Vichi sul settimanale nerbiniano dal 1941 al '42 "Guerra di continenti" ( divisa in tre parti), tratta dal famosissimo romanzo protofantascientifico (1908) di Motta "La principessa delle rose", ristampato poi più volte da editori vari con piccole variazioni e l'apporto, nel tempo, di validi seppur diversi illustratori fra i quali occorre citare almeno Gennaro Amato che arricchì la prima edizione con 40 illustrazioni a tutta pagina ( l'edizione in mio possesso, Bemporad 1930, ne riporta solo otto!!): una bella fregatura.
    Va beh, pazienza.
    Su "Topolino" Motta scrive per l'occasione l'inedito "Il bandito dell'Amba Uork": siamo all'inizio del 1936, la storia sembra iniziare mozza, ma non c'è traccia di un suo altro inizio su "Paperino" o altre pubblicazioni mondadoriane.
    A pagina 249 di "Eccetto Topolino" ne viene riportata una tavola disegnata da Edgardo dell'acqua: erroneamente - un semplice refuso, penso- nella parte scritta si cita erroenamente come disegnatore Franco Caprioli.
    Please, non ti incavolare Mazzotta, è una semplice indicazione, una piccola innocua "pulce"

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  5. Molto inrteressante quel che dici, Tomaso, su Motta. L'argomento va indubbiamente approfondito.
    Circa "Il bandito dell'Amba Uork" ti confermo che A Edgardo dell'Acqua subentra Kurt Caesar e poi Franco Caprioli! Davvero una notevole... cacofonia grafica, visti gli stili diversissimidei tre!
    Ciao e grazie

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  6. Sei sicuro che sia Franco Caprioli?? Mi pare che Caprioli debutti su "Topolino" nel 1939 con "Pino il mozzo", dove in effetti la storia subisce la solita altalena di disegnatori, fra i quali Caesar e Nino Pagot.
    Io le annate di Topolino le consulto in biblioteca ( ristampa Comic Art) e domani mattina andrò a vedere.
    Su Luigi Motta sono stati versati ultimamente fiumi di inchiostro nell'ambito di un paio di saggi dovuti a diverse mani, fra le quali cito quelle di Claudio Gallo della biblioteca civica di Verona e della signora (o signorina) Anna Maria Mottini di Roma.
    Però delle storie a fumetti da lui scritte ( dovrebbero essere 34) si è sempre parlato poco, se non per farne una scarna elencazione.
    Io ne ho parlato un paio di volte su "Informavitt/Vitt & Dintorni", ma sempre con il limite delle due o tre pagine al massimo. Il suo legame con Franco Caprioli - l'lefante sacro" sul Vittorioso , ha prodoto una storia importante.
    Peccato che sul Vittorioso il finale originale del racconto, apparso un paio di anni prima a puntate , sia stato snaturato ed edulcorato in omaggio ai principi pedagogici della morale cattolica. vabeh, quelli erano i tempi.
    Ciao e grazie a te per la pazienza...._

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  7. Ebbene, Tomaso, ti anticipo che hai ragione. Caprioli non c'entra: i disegnatori sono solo Dell'Acqua e Caesar. Evidentemente, un cortocircuito mnemonico ha confuso "Il bandito dell'Amba Uork" con "Pino il mozzo", in cui, effettivamente, c'è anche Caprioli. Mea culpa, che però condivido (non è una scusante!) con i miei coautori, la cui revisione, in questo caso, non è stata sufficiente a rilevare l'errore.
    Sto già facendo un elenco di queste sviste, per pubblicare, su questo blog e su quello ufficiale del libro, un'erarta corrige. Grazie infinite per il tuo aiuto!

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  8. Continuo a stupirmi della memoria di Tomaso… Grande! :)

    Come finiva, scusa, il racconto "L'elefante sacro"? Perché c'è modo e modo di "edulcorare" o di alterare, lo dimostrano i lungometraggi Disney. Biancaneve, ad esempio, è alterato ma "edulcorato" fino a un certo punto rispetto alla fiaba, mentre se vogliamo possiamo considerare Atlantide un (brutto) film per adulti, o Aladdin sintomatico dell’atteggiamento "qualunquista" della Disney anni 1990. Per non parlare di Tarzan…

    Altrimenti si rischia di confondere la fede con la morale, e leggere la cosa alla rovescia… :)

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  9. Non sarebbe stata del tutto impossibile, in via teorica, una collaborazione Mondadori/Caprioli nel corso del 1937, visto che il nostro disegnatore proprio in quello stesso anno viveva a Milano.
    Però in pratica Caprioli iniziò nel 1937 a disegnare su "Argentovivo" e "Il Vittorioso": peccato.

    Ahimè, il binomio fede-morale mi ha messo K.O.
    Da quel che ricordo, il racconto a puntate "L'Elefante bianco" (1947 su un quotidiano, non ricordo il nome), aveva le caratteristiche tipiche delle storie di Luigi Motta, con i cattivi veramente tali ed avversari buoni non propensi al perdono finale.
    Specialmente i personaggi femminili erano sul tipo delle dark ladies di buona memoria, con spiccata vocazione ad i facili avvelenamenti e all'uso del pugnale vendicatore. Violenza anche gratuita.

    Sul "Vittorioso nel 1949 chi fece la sceneggiatura dell'Elefante bianco?? Gli archivi dell'AVE non si dischiudono facilmente, quindi che dire se non rimanendo alle apparenze??

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  10. Contatto avvenuto con Tomaso, Biblioteca Civica Delfini, 19.11 ore 12:00! :)
    (con relativo ritardo per il pranzo)
    Se non fosse per la sua perseveranza, probabilmente i fumetti nella "torre libraria" della nostra biblioteca finirebbero al macero.

    Ohi, non volevo mica isultare tedioso, eh? :)
    So bene quanto sia problematico distinguere la morale che scaturisce dalla fede e la morale come "serie di norme" nel delicato compito di rispettare la libertà del fanciullo. È costituzionale per la cecità dell’uomo il vedere il male altrove, ma spesso non in sé.

    Però son convinto – come è in questi casi – che non necessariamente una ri-visitazione della storia di Motta, da parte sua, debba essere stata non convinta, o non gradita da lui.
    Quel che dici poi mi ricorda i film diretti da Clint Eastwood. O "Il miglio verde", da Stephen King, dove più che avversari buoni c’è un implacabile e impersonale “legge del taglione” che aleggia opprimente su tutto, punendo in diversi modi i “cattivi-cattivi”, che mi sembra finisca per fare del tutto una realtà astratta e non partecipe delle sofferenze dei personaggi (fa eccezione il rapporto con la figlia in “Potere Assoluto”, poi non ho visto gli ultimi, tipo “Gran Torino”).

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  11. P.S. Siamo pesantemente OT, almeno fossimo in una discussione del Vittorioso su Caprioli… :P

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  12. Andate liberi, che gli OT sono l'anima dei blog e dei forum! :)

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  13. Credo occorra procedere con ordine, in senso cronologico, per cercare di capire i meccanismi procedurali che stanno alla base delle varie scelte editoriali che portarono alla ribalta scrittori come Luigi Motta e Franco Caprioli nel campo del fumetto.
    Quindi si ritorna al fatidico 1937........
    Sarebbe auspicabile udire anche qualche altra voce, un coro magari, piuttosto che i soliti solisti.
    Staremo a vedere.

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  14. Facciamo così: siccome ho appena letto che Leonardo "non ha mai amato" il Vittorioso (vedere il primo post), me li regala tutti, o me li vende sottocosto (vabbe', son rilegati, ma mi accontento) così parto dal fatidico 1937… :P

    In realtà a me non è che interessi capire a fondo i meccanismi basati su scelte editoriali, mi interessano gli autori, ma anche gli editori, nelle loro vicende personali. Che poi penso fosse la stessa cosa che volevi dire… :)

    P.S. Donald, ti arriva al Papersera una comunicazione di R. Chiesi (che sta pensando di "smembrare" dal 1967).

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  15. Beh, sai, il 1937 vide non solo la nascita de "Il Vittorioso", ma anche la fusione de i "I Tre porcellini" con "Topolino", che divenne di fatto un concorrente imbattibile, specialmente se confrontatoa il "Vittorioso" di quegli anni.
    Poi, nel '37 Luigi Motta, dopo una collaborazione iniziata con Mondadori nel 1922 che portò alla pubblicazione di otto romanzi nel corso del tempo, inziò con "Il bandito dall'Amba Uork" a scrivere soggetti per storie a fumetti, Franco Caprioli iniziò a disegnare, storie inizialmente con didascalie, Nerbini editore iniziò a capire che doveva darsi da fare per pubblicare storie di autori italiani se voleva sopravvivere.
    Insomma un anno "Fatale".

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  16. Già, dimenticavo: nel 1937 nasce anche il MINICULPOP.
    Occorre però dire che i pregiudizi culturali, massimamente pedagogici, nei confronti del fumetto erano già allora ben radicati nella società italiana.
    Poi gli strali dei censori si indirizzarono nei confronti del fumetto straniero, reo di veicolare una visione violenta della vita in generale e in particolare affiancata dalla presenza di conturbanti donne e fanciulle....
    Mah??

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  17. Sì, mi sembra che al di là dei pregiudizi "pedagogici", il grosso della questione fosse anche un insieme di equivoci, e un pretesto, come sono sicuro emergerà da "Eccetto Topolino" (appena potrò leggerlo).

    In realtà tutto 'sto casino, e poi nessuno faceva caso a Topolino che cerca di impiccarsi? (scena peraltro altamente "pedagogica", complici gli scoiattoli che gli riaprono gli occhi).

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  18. Io penso che non sia facile capire appieno la mentalità comune della cultura ufficiale italiana dell'inizio novecento, nel momento in cui inizia ad uscire "Il Corriere dei Piccoli".
    Perché questa viscerale avversione per la "Nuvoletta" che esce dalla bocca dei personaggi disegnati??
    In fondo una questione formale più che di sostanza?
    In quegli stessi anni uno scrittore come Emilio Salgari all'apice della popolarità, vendutissimo e coccolato da editori vari che indubitamente lucravano sull'ingenuità dello scrittore ( checché ne dicano alcuni storici del settore), era messo all'indice dalla cultura alta che lo accusa di esaltare e fuorviare gli animi dei giovanetti che leggevano i suoi romanzi.
    Successivamente - dalla fine degli anni venti in poi- lo stato fascista ( non il partito, che era altra cosa) iniziò una campagna elogiativa nei confronti di Salgari ( morto e sepolto da anni) e rimescolando astutamente le carte cercò di presentarlo come scrittore fascista ante lettera.
    Era in atto un cambiamento complessivo di atteggiamento verso la letteratura per ragazzi e per il medium fumetto, che di fatto iniziò ad affermarsi attraverso editori quali Vecchi e compagnia bella.
    Ma la pedagogia ufficiale rimase rigidamente ferma su posizioni di condanna nei riguardi dei fumetti con la nuvoletta, soprattutto nei casi nei quali eroi americani tipo Gordon o Agente segreto x9 proponevano avventure "esaltanti".
    Questo atteggiamento di condanna perseverò attraverso gli anni e i decenni, tanto che dirigenti cattolici quali Piercostante Righini ancora negli anni settanta ( vedi introduzione all'albo craveriano edito dai fratelli Spada "Il Castello degli spiriti" ecc)), tuonavano contro la violenza e il sesso presenti in storie - a mio parere assolutamente innocenti - come quelle di Mandrake o L'Uomo Mascherato.
    Incredibile a dirsi, il prof.Giorgio Vecchio nella presentazione del volume 2011 "L'Italia del Vittorioso" edito dalla rediviva AVE, nel disquisire sul mondo di Craveri e su quello disneyano, ravvisa in quest'ultimo aspetti di ambiguità nell'ambito delle vere o supposte relazioni di parentela fra i personaggi ( pagina 15).
    I pregiudizi son ben duri a morire!!!.

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  19. Caro Tomaso, la tua analisi è molto interessante e (da me,almeno) ampiamente condivisibile.
    La ricerca per "Eccetto Topolino" ci ha portato a individuare proprio questo filo rosso (o è meglio dire nero?) che collega il mondo degli educatori del primo Novecento con quelli di questo sciagurato secondo decennio del Duemila. Il Fascismo si rivelò probabilmente più "elastico", nell'utilizzare il Fumetto come veicolo di propaganda - come del resto fece col Cinema - ma la breve luna di miele coi comics (dal 1934 al 1937) fu stroncata proprio da un movimento culturale trasversale che combatté strenuamente, e come tu giustamente rilevi, ottusamente - il Fumetto inteso prima come prodotto della colonizzazione culturale americana, poi di per sé, come linguaggio autonomo. Personaggi di cui sappiamo bene nome e cognome, primo fra tutti Gray, furono autentiche cinghie di trasmissione fra il variegato mondo "culturale" e i vertici dello Stato...
    Ne riparliamo.

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  20. Vorrei ricordare che l'avversione al Fumetto non è tipicamente italiana.
    Anche gli americani hanno speso una generazione prima di accettare le loro "funnies", le loro "buffonate" (e quando hanno finito per accettare quelle, se la sono presa con i "comic books"...).

    Non tutti i quotidiani trovavano rispettabile avere una "comic section" (e il prestigioso NY Times non ha mai avuto fumetti).

    Ricordo sempre una vignetta di Frederick G. Cooper (illustrava il libro The Autobiography of Methuselah di John Kendrick Bangs) in cui si alludeva che Caino avesse ucciso Abele sotto l'ispirazione dei supplementi a fumetti (ed era il 1909...).
    Il testo di Bangs è il seguente:
    -I will go so far as to say that after looking over the comic supplements of the Sunday Newspapers, I believe Cain would have killed Abel ten years earlier than he did if he had had the example of the Katzenjammer Kids and Buster Brown before him in the formative years of his life-
    E questa è la vignetta:
    http://imageshack.us/photo/my-images/849/fgcooper.jpg/

    C'è sempre una resistenza da parte degli accademici ad accettare una nuova forma espressiva e i motivi li spiegava già il prof. Eco nel saggio Apocalittici e integrati (mi riferisco al capitoli sui venditori di Apocalisse).
    La ragione è che ogni nuova forma espressiva priva gli accademici del loro status di sapienti (intermediari di professione tra la cultura e i suoi fruitori) e li mette sullo stesso piano della massa (o li costringe ad un difficile aggiornamento intellettuale).

    Naturalmente, nel nostro caso, si sovrappongono motivi squisitamente politici...

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  21. Beh, si, le cose stanno "anche" in tale maniera.
    La realtà, se mai se ne possa dare una immagine oggettiva (io ne dubito) presenta molteplici sfaccettature che non sono statiche ed immodificabili.
    Ovviamente non sono le "cose" viste che cambiano, ma la nostra percezione di esse: questo per un'opera singola e quindi ben definibile ( un dipinto, ad esempio), figuriamoci cosa accade quando ci troviamo di fronte alla interpretazione di avvenimenti complessi per comprendere ed interpretare i quali occorre che l'osservatore -chiamiamolo così - si basi su una moltitudine di conoscenze ed esperienze.
    Sono certo che la vignetta di Cooper se estrapolata dal suo contesto di appartenenza e guardata da una persona non usa alla frequentazione di prodotti consimili, perderebbe di connotazione.
    Per questo io tento di andare con piedi di piombo quando percorro sentieri consimili.
    Voglio ora qui ritornare a quanto scritto dal prof.Vecchio a pag. 15 del saggio "L'Italia del Vittorioso": l'autore definisce "poco graditi equivoci" le parentele esistenti fra gli animali disneiani.
    Mi scuso per la forse poco corretta pratica dell'estrapolare, ma altro non posso fare.
    Gli eterni fidanzamenti di Topolini/Minni, Paperino /Paperina , Zii e nipotini che vivono insieme, il povero Lupetto senza la mamma lasciato solo con il babbo Ezechiele.... che razza di famiglie sono??
    Che vorrà mai dire il prof.Vecchio con queste parole??? Che non è morale o pedagogicamente formativo presentare a giovani lettori situazioni simili??
    Minni e Topolino, coppia di fatto, vivono nel peccato???
    Ecco , ho detto quello che mi viene in mente: ho ben interpretato la cosa oppure la percezione che ne ho è distorta?? Come faccio a saperlo??
    Dovrei chiederlo al prof. Vecchio??? ehh, pensate che se eventualmente contattato risponderebbe ad un indesiderato scocciatore ??

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  22. Caro Tomaso, non dovrei entrare nella questione, perché non ho letto il lavoro del professor Vecchio, ma temo che si tratti del residuo insolubile di un atteggiamento culturale molto vecchio: Disney, interpretato come metafora della società capitalista e imperialista, distorce volutamente - e altrettanto volutamente occulta - pulsioni naturali, libere e quindi rivoluzionarie, come la sessualità. Ergo, il disagio (i "poco graditi equivoci") per le "famiglie" disneyane. Questa, ripeto, è solo la mia impressione, da testimone delle chiavi interpretative culturali degli anni Settanta. Magari si tratta di cosa diversa, non so.
    Per la complessità delle cose e per la diversa percezione delle stesse: lo so, Tomaso, ma un po' di semplificazione aiuta. E il contributo di Fortunato mi sembra illuminante...

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  23. «Ovviamente non sono le "cose" viste che cambiano, ma la nostra percezione di esse: questo per un'opera singola e quindi ben definibile ( un dipinto, ad esempio)»

    Grande, ecco l’insegnante di educazione artistica che emerge! :)
    Tomaso, prima o poi dovrai darmi qualche lezione, a me che – ahimé – scartai l’istituto d’arte anche per la presunta "pallosità" della storia dell'arte.

    Sull’inquadramento generale della questione sollevata da Tomaso cerco di dire la mia, da credente.

    Una è la fede, e il vissuto cristiano, da cui la morale può e deve scaturire spontaneamente (altrimenti si tratta di fede molto immatura), una è la cultura/le culture in cui la fede si trova ad esprimersi (e con le quali, non necessariamente, coincide in modo "algebrico", anzi), una è la politica, che dovrebbe attenere al migliore governo del paese.
    E una è – finalmente – quella perversione della politica che si potrebbe definire "ideologismo", per cui quell’elemento ineliminabile dall’uomo che è il suo egoismo, male costituzionale che anche il non-credente riconosce, inquina l’operare a favore della comunità, in favore di "convenienze" personali (non necessariamente corruzione conclamata).

    Ma spesso, sempre per lo stesso male costituzionale, l’uomo stesso si ritrova come, o si rende, “grande cieco” al male che compie (vedere ad esempio una bella meditazione di Don Primpo Mazzolari sull‘amicizia e Giuda). Tommaso d’Acquino ha indagato filosoficamente, anche in maniera fin troppo "fredda" tutte queste dinamiche dell’animo umano.

    In breve, per concludere venendo al prof. citato da Tomaso: è un — mi sia, affettuosamente, consentito, da fratello a fratello — "coglione".
    Questo perché le "famiglie al di sopra dei legami familiari di sangue" sono sempre state appannaggio del fumetto, per il semplice motivo che sono una condizione ideale, “preternaturale” un qualcosa che tutti sognamo nell’ottica di una "armonia ritrovata", qualcosa che in certo qual modo mi pare attenga anche alla “comunione dei santi”, come la intende la teologia cattolica.

    Che dovrebbe dire allora, il prof. Vecchio del bestiario Craveriano, o di quella meravigliosa “non-famiglia”, spesso più edificante di una famiglia convenzionale, costituita dal “non-gruppo” marvelliano dei Difensori, o della “famiglia” decisamente sopra le righe – teologicamente parlando – di quell’altro personaggio Marvel che è Daimon Hellstrom, “il figlio di Satana”.
    Entrambe serie meravigliose, e a mio parere altamente educative.

    E il povero Commissario Spada, costretto ad allevare il figlio da solo, essendo rimasto vedovo? Sicuramente ne uscirà un giovane squilibrato.
    Ma per favore, eh? :-)

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  24. IL prof. Vecchio in 60 pagine riassume tutta l'epopea de "Il Vittorioso" attraverso la storia dell'Azione Cattolica: quindi va di fretta. A pagina 15 e 16 scrive qualche riga su Craveri e, secondo me, inopportunamente su Disney.
    Il confronto fra questi due mondi è a mio parere improponibile.
    Comunque Vecchio dice che fortunatamente in Craveri non esistono problemi di parentela o di legami fra animali della stessa specie e di sesso diverso: non ci sono due giraffe innamorate o cani e gatti in amore.
    Non ho capito se la sua è una semplice constatazione o un giudizio .
    Mah???

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  25. Pobabilmente fra i frequentatoti di questo blog non c'è nessuno che abbia letto "I'Itala del Vittoroso", o comunque che non si è posto la domanda del senso che disney ed aiutanti vollero dare all'epoea di topolino e paperino e c0mpany: intendo dire la cosa vista dall'interno, da chi aveva le capacità di analizzare il testo con proprietà di causa: io nel 1945 leggevo "Topolino e il boscaiolo"su Topolino giornale: avendo solo otto anni ero colpito dal rapimento/scomparsa di Clarabella ed ero ansioso di vedere la conclusione della storia;
    Contemporaneamente su "Il Vittorioso" di Craveri c'era "Il Mistero del contrabbasso, storia "giallo agreste" dai toni un poco cupi, ricca di colpi di scena,
    Sullo stesso Vitt Jacovitti mandava i suoi tre PI sulla Luna ( ma su "Intervallo" c'era IL Dittatore , pagina di grande formato rivolta non certo ai lattanti, storia con un finale che rimase praticamente inalterato nella successiva versione in albo AVE, se non per il differente contenuto dell'ultima didascalia e qualche quadretto tagliato).
    Astrarre totalmento "Topolino" , "Il Vittorioso" "L'Avvenura" ( di Capriotti) "Giramondo" o quant'altro dal contesto fumettistico dei giòrnali a fumetti del tempo ed analizzarlo come fosse un coleottero infilato su uno spillo di un qualsiasi bacheca o banco anatomico di un presunto scienziato, si commette un'azione che porterebbe a conclusioni di certo parziali, probabilmente arbitrarie, non di rado fuorvianti
    Per questo grido; evviva il contesto (allargato)!!

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  26. Abbiamo già chiacchierato delle impressioni di Del Vecchio, e abbiam visto che portano lontano, ma credo si possa ritenere con una certa sicurezza che sia come dici tu: una semplice impressione, intesa in chissà che modo specifico, buttata lì.

    E io non sono ottimista come te, credo che non solo tra i frequentatori di "Fumetti Classici", ma anche tra la maggior parte della gente che fa "turismo della critica" su Internet non ci sia nessuno che abbia letto il libro dell’AVE.

    Invece ritengo che i confronti si possano fare, in rapporto a Disney e Craveri, ma sempre in maniera non diretta, e credo questo dipenda dalla prudenza, e dalla consapevolezza, non solo dalla "preparazione storico-critica" di chi li fa.

    Se ne vuoi uno: prendi i briganti (di italica genìa) di Zoolandia e accostali agli Zingari di "Topolino e gli Zingari". :)

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  27. come fai a prendere le tavole originali in italiano?

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  28. Caro Anonimo, benvenuto!
    Innanzitutto ti prego: diventa meno anonimo! :-)

    A quali tavole originali ti riferisci?

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  29. Già, infatti! Stavo per chiedertelo io, Anonimo.

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  30. mi riferisco alle tavole disney

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  31. Allora: le tavole Disney originali, pubblicate in questo post, sono tratte da edizioni Mondadori (albi conosciuti come "Traverso-Mondadori") degli anni Ottanta e Novanta. Quelle apocrife di Guastaveglia, sono tratte dal quotidiano "Il Popolo di Roma". Ciao

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