giovedì 26 febbraio 2009

Scaffale 7a

Scaffale 7a
Beh, ignorate le barchette, i pupazzetti e gli altri ricordini sul ripiano dello scaffale: ognuno ha un significato “fumettistico”, ma non mi sembra il caso di parlarne qui. Questo blog è una scusa per prendere in esame alcune serie classiche dimenticate, quindi è meglio non perdere troppo tempo con cose assolutamente secondarie. Ne mostro una soltanto:
L’ho trovata molti anni fa in una soffitta. Se qualcuno degli amici “archeologi” mi legge, può confermare che i tratti “somatici” del pupazzo ricordano molto lo stile di Sebastiano Craveri? Presto avremo a che fare col Vittorioso, magari salterà fuori un archetipo…
Questo è lo scaffale dedicato principalmente all’opera di Georges Rèmi, in arte Hergé. Scandalizzerò subito Gianfranco (e Andrea, che fortunatamente non mi legge) dicendo che non sono mai stato un fan di Tintin: lo sono invece di Edgar Pierre Jacobs, che del primo fu amico e collaboratore, giungendo anche a intervenire in alcune storie del piccolo eroe belga. Ma Tintin è un “pezzo” importantissimo del Fumetto internazionale, e quindi non potevo fare a meno di leggere (e possedere), in un modo o l’altro, tutta la sua produzione. Non sono francofono, come ho già detto, ma la lingua d’oltralpe riesco bene o male a decifrarla (perdendo tutti i giochi di parole), e quindi, oltre ai fumetti in italiano, ci sono alcune versioni rare e anche alcuni imprescindibili saggi sull’argomento, mai tradotti nel nostro idioma.
Il primo volume a sinistra non riguarda Hergé: è la vecchia edizione (primi anni Settanta) del Futuropolis di Pellos, uscita nel 1937 e ispirata a Metropolis di Fritz Lang, con un occhio a Flash Gordon. Opera visionaria, qui ristampata, credo per la prima e l’ultima volta, in grande formato e coi colori originali. Credo si tratti di un volume ormai introvabile.
L’opera di Hergé, sistemata sullo scaffale in modo cronologicamente un po’ grossolano, si apre con la pregevole edizione a colori, in versione integrale, della storia Le temple du Soleil, giusto una di quelle alle quali collaborò il grande Jacobs. A differenza dell’edizione classica in cartonato “verticale”, questa, impaginata in orizzontale, è fedelissima alla prima versione apparsa sul settimanale Tintin, nel 1946: paginone doppie a colori.
Seguono i favolosi Archives Hergé, edizione integrale (o quasi) del Tintin – ma non solo – apparso in bianco e nero nell’Anteguerra sul supplemento Le petit Vingtiéme: come sanno anche i sassi (o dovrebbero sapere), Hergé ha ridisegnato, attualizzandole, gran parte delle sue storie, alcune anche due volte. L’operazione, di sapore orwelliano, non mi è mai piaciuta, ma tant’è. Sa di revisionismo, quello della peggior specie. Queste sono le versioni originali, quattro volumoni molto ben fatti, e con un irresistibile, almeno per me, sapore d’antan.
Accanto, tre saggi, due dei quali di grande interesse: intendo soprattutto quello di Benoit Peeters, Le Monde d’Hergé, che racconta, con dovizia di immagini a colori, tutta l’intricata vicenda di cui sopra: una lettura appassionante. Forse ancora più ricco, ma meno limpido (sebbene anch’esso imperdibile), è Hergé et Tintin Reporters, di Philippe Goddin, che si focalizza sul Petit Vingtieme e sulla rivista Tintin, mentre Peeters incardina lo studio sui cartonati.
Accanto, un dono prezioso, fattomi da un amico all’epoca in cui ero molto attivo come storico e critico del Fumetto, prima che iniziassi a inseguire vanamente certi sogni proibiti: si tratta dell’edizione della prima storia di Tintin, Au Pays des Soviets (1929), a lungo “maledetta” e ristampata una prima volta nel 1969 in tiratura limitatissima e fuori commercio. Questo esemplare fa parte delle copie riservate all’autore ed è autografata da Hergé!








Segue l’ultima storia del piccolo reporter, Tintin e l’Alph-Art, rimasta allo stato di abbozzo a matita. Ci sarebbe da fare un lungo discorso sulla tecnica utilizzata da Hergé, e anche da Jacobs, per realizzare i fumetti: versioni successive, dallo stato di confuso abbozzo fino a distillare progressivamente una limpida linea chiara, il loro marchio stilistico distintivo. Questa è la prima edizione.
Infine passiamo ai Tintin veri e propri. In Italia ci sono stati quattro tentativi di pubblicazione dell’opera. Escludendo una rivista - e un albo - di Vallardi, che vedremo poi, il primo, negli anni Sessanta, fu ad opera dell’editore genovese Gandus: furono editati, in forma non cartonata, solo una parte dei titoli, in tre successive edizioni. Io possiedo la seconda, uscita in libreria a cavallo del 1970. Avevo anche gran parte dei titoli della terza, in versione cartonata, dei tardi anni ottanta: ma la scambiai, sconsideratamente, con alcuni Topolino libretto… Così rimane l’edizione Comic Art, questa completa, con alcuni titoli “rari”, che mi hanno fatto penare: specialmente, guarda caso, Tintin al paese dei Soviet. Di cui mi ritrovo a possedere ben tre edizioni!

domenica 22 febbraio 2009

Scaffale 6 a

In questo scaffale ci sono le collezioni complete dei Classici Audacia, degli Albi ardimento (loro ideale continuazione), di Buck Danny (edizione Cenisio), e qualche Albo Sprint. Tre serie ultraclassiche, che per decenni sono state le uniche antologie in lingua italiana dedicate al mondo favoloso della bande dessinnée.
Ricordo che quando uscirono i primissimi classici Audacia, a metà degli anni Sessanta (avevo otto anni), ci fecero un’impressione straordinaria. Non solo per i contenuti, raffinati e “corposi”, ma soprattutto per la veste grafica: albi di grande formato, tutti a colori, con ricca foliazione… Contrastavano in modo straordinario con la gran parte delle pubblicazioni di quell’epoca, “popolari” e non, che erano in formato per lo più tascabile, in bianco e nero e - diciamolo francamente - molto… tirate via. A parte i settimanali-rivista, come Il CdP, di cui ho già detto, e l’agonizzante Vittorioso, che vedremo tra poco.
Quando poi arrivarono gli Asterix, rivelandoci che in Francia i fumetti uscivano praticamente tutti “cartonati”… Beh, che invidia! Presi a disprezzare tutte le edizioni “cartacee”. Oggi ho cambiato idea, ma sarebbe un discorso fuori tema. Magari ne riparlerò quando sarà il momento di affrontare le collezioni anteguerra e dopoguerra.

Il primo numero: ai tempi eroici del collezionismo era considerato raro, insieme al n. 3, Il circuito del terrore, al n. 6, Operazione Jaguar, a La camera di Horus, seconda parte de Il mistero della Grande Piramide, meravigliosa avventura del Professor Mortimer di Edgar Pierre Jacobs.
La grande sfida, leggendaria storia d’esordio del Michel Vaillant di Jean Graton, fu poi ripubblicata sugli Albi Ardimento. A proposito di Graton e del suo pilota di formula uno, con annessa famiglia di industriali dell’auto: credo che la serie non abbia mai ricevuto la giusta considerazione critica, nonostante vanti ancora legioni di fans. Il motivo è forse la sua prematura decadenza, visto che già negli anni Settanta si era ridotta a una collana di storie giallo-rosa di esiguo spessore. Ma nel suo primo periodo ci sono dei piccoli capolavori di Fumetto, addirittura realista: ricordo soprattutto Il ritorno di Warson, una storia con atmosfere crepuscolari, e una non indifferente introspezione psicologica. Oltre a un gran montaggio e a un disegno efficace. Non è davvero poco.


Che ne sarà, della “visiera”? Ricordo di averla conservata per anni…
L’anima dei Classici Audacia era Enrico Bagnoli, grande disegnatore degli anni Quaranta (prima o poi vi farò vedere il suo straordinario Fiore Inaccessibile, del ’44), divenuto un dirigente Mondadori. Quando passò al gruppo del Corriere della Sera, cercò di traslocare la serie in Via Solferino, con gli Albi Ardimento. Ma non fu più la stessa cosa.
Alcuni personaggi furono ripresi, negli anni Ottanta del secolo scorso ;-) da Alessandro Distribuzioni, ne parleremo a tempo debito.

Scaffale 6 b

Al centro della foto, due solitari “cartonati” Mondadori degli anni Settanta, usciti in libreria quando il grande successo di Asterix convinse l’editore a proporre altre serie in quella veste. Forse i tempi non erano maturi, forse la scelta dei personaggi e degli autori non fu azzeccata: fatto sta che non ebbero successo né i già visti titoli disneyani né i pur piacevoli Tanguy e Laverdure di Charlier e Uderzo (nientemeno!), reduci dai Classici Audacia. Ricordo che il fumetto ebbe l’onore di una serie televisiva.
A destra del solitario titolo di Hergé (fra poco avremo modo di parlare ampiamente di Tintin & soci) c’è parte della collezione completa di Sgt. Kirk, una rivista dalla vita travagliata, ma di grande importanza per la rivalutazione del Fumetto in Italia e il suo “sdoganamento” culturale:
Il primo numero esce in edicola nel luglio del 1967, cavalcando l’onda del successo di Linus. E del settimanale di Gandini/Del Buono imita anche la formula, che accosta a fumetti contemporanei, “sofisticati” (come si diceva allora), alcuni capolavori immarcescibili degli anni Trenta, oggi ristampati in lussuose edizioni annotate, ma allora quasi dimenticati. È il caso di Terry and the Pirates di Milton Caniff, proposto già nel primo numero:
C’è anche una fondamentale Storia del giornalinismo italiano, ovvero dei periodici a fumetti, dal 1932 al 1943, di Ezio Ferraro, proto-collezionista e storico pioneristico del settore.
Ma l’asse portante della rivista, edita da Fiorenzo Ivaldi, è la proposta della produzione argentina (e non solo) del grande Hugo Pratt. L’autore veneziano è presente dappertutto, fin dalla copertina, ed è evidente che la scelta di proporre Caniff è tutta sua. Il Maestro americano, infatti, è la radice principale dello stile del creatore di Corto Maltese e dell’eroe eponimo di questa rivista.
Ma alla qualità dei fumetti e delle rubriche (a cui collaborano anche Rinaldo Traini, Franco Fossati, Gianni Bono, Gianni Brunoro e tanti altri nomi del primo comicdom italiano), non corrisponde un analogo successo commerciale. La rivista tira avanti per trenta numeri: l’ultimo viene distribuito solo agli abbonati, e col tempo diventa “raro” e ricercato.
Nel 1973, Ivaldi rilancia la rivista solo per il mercato “amatoriale”, ovvero a circuito chiuso, che in quel periodo inizia un’espansione esponenziale, destinata a durare per oltre un decennio. Ma il nuovo Kirk è molto più “ingessato”, sia nella forma che nei contenuti, e molto presto le rubriche si diradano e il periodico diventa una patinata, lussuosa vetrina per Hugo Pratt e altri autori, fra i quali Faustinelli, Grugef, Battaglia, Toppi. Questa nuova esperienza si esaurisce nel 1979, col numero 61:
Molti anni dopo, nel 1997, alle mostre del Fumetto, i collezionisti più stagionati hanno un fremito nel vedere, allo stand di Ivaldi, il numero 62: è tirato, sembra, in mille esemplari ed è pensato come celebrazione dei trent’anni della rivista:

lunedì 16 febbraio 2009

Viaggio intorno alla mia biblioteca

Scaffale 5a

Riprendiamo l’ordine topografico dell’esplorazione. I prossimi scaffali li vedremo più velocemente, perché le cose interessanti e degne di essere “rivisitate”, sono altrove. Qui ci sono i Lucky Luke e gli Asterix, forse le due “punte” assolute del fumetto franco-belga. Agli Asterix, comprati uno per uno in libreria, sono attaccato in modo morboso: non c’è nulla di ricomprato, sono proprio i volumi che ho tenuto fra le mie trepidanti mani di bambino e adolescente… Ad ogni leggendaria storia, è legata una particolare emozione.
Dei Lucky Luke non sono mai riuscito a costruirmi una serie completa in lingua italiana (non sono francofono). Nello scaffale sono indegnamente rappresentati i tre tentativi principali: Mondadori, Fabbri e ComixBus. In una “Piccola Guida” del GAF-Firenze c’è una cronologia completa.





Scaffale 5b

A destra dell’antologia di Virgil Finlay, il mago dell’illustrazione di fantascienza, ci sono molti (non tutti) cataloghi di Treviso Comics e della mostra di Prato: due grandi manifestazioni, piene di storia, che ormai pochi ricordano, ma che hanno profondamente segnato gli anni Settanta e Ottanta. Prato era famosa per le trouvailles collezionistiche: arrivava sempre qualcosa di raro e ambito, che paradossalmente non si vedeva a Lucca e a Bologna (poi Reggio Emilia). Nell’improbabile caso che mi legga, saluto Stefano Bartolomei, il “padre fondatore” e infaticabile organizzatore della manifestazione toscana. Mi rimane solo il rimpianto di non aver mai visitato Treviso…
Più a destra, due cataloghi di un’altra grande manifestazione oggi dimenticata, il Salone del Giocattolo di Firenze. Un’edizione ospitò anche il Fumetto d’epoca, con l’onore di alcune pagine del prezioso catalogo:

All’estrema destra, la collezione quasi completa della fanzine Il nerbiniano, house organ della Casa Editrice Nerbini, quella dell’Avventuroso, di Flash Gordon e di Mandrake, all’epoca in cui Alfonso Pichierri la rilanciò nel mondo della cosiddetta “editoria amatoriale”. Pur con molti limiti, la rivista propose molte cose interessanti e inedite, oltre a titillare le nostalgie dei quarantenni dei primi anni Settanta (e a formare il gusto di un’intera generazione di teenagers, fra i quali yours truly).

E parlando di collezionismo, non posso fare a meno di mostrarvi il più ricercato fra i famosi cataloghi dello Studio Bibliografico Little Nemo di Sergio Pignatone: questo, con copertina in alluminio (!), ispirato alle “litolatte” futuriste degli anni Trenta, dedicato alla Fantascienza, era stato realizzato solo per pochi fortunati clienti del negozio.





giovedì 12 febbraio 2009

Il Corriere dei Ragazzi: anno 1, numero 1


Come ho… minacciato nel post precedente, provo ad analizzare il primo numero del CdR: 2 gennaio 1972; 66 pagine, per circa due terzi a colori. Parlerò, brevissimamente, solo delle cose principali, altrimenti, invece di un blog, questo sarebbe un saggio critico, e non è proprio il caso.
Il settimanale esce molto atteso, dopo un notevole battage pubblicitario, e apparentemente è identico al Corriere dei Piccoli, come formato e anche come grafica. Dal secondo numero in poi, come abbiamo visto, in copertina regna l’attualità e lo spettacolo, dando subito il segno di un cambiamento, come si dice, di target. La pagina d’apertura è un disegno, di Mario Uggeri, che si pone sulla scia (un po’ populista) delle celebri copertine della Domenica del Corriere di Achille Beltrame e Walter Molino (vedremo anche quelle, in un futuro non troppo prossimo), col commento grafico ad un fatto di cronaca:

Aquila è una serie, mi pare (non essendo questo, come dicevo prima, un saggio, mi esimo dal fare qualsiasi ricerca: vado a memoria) che Albert Weimberg, creatore di Dan Cooper (lo vedremo presto sui Classici Audacia), realizzò direttamente per il mercato italiano. Niente di entusiasmante:
I servizi giornalistici del CdR, fatti con grande professionalità e trattando i ragazzi quasi come adulti, cioè con profondo rispetto, si dividono in modo eguale tra sport, politica, spettacolo. Si inizia, alla grande, col primo dei temi citati:

Gli intenti didattici della rivista sono risolti nel migliore di modi, ovvero si racconta la Storia del Novecento, focalizzando sulle contraddizioni, sui grandi scontri ideologici, sui diritti umani, sui temi della tolleranza e così via, grazie a splendide storie a fumetti che vogliono però soprattutto intrattenere. E lo fanno con arte sopraffina, grazie soprattutto al romanziere e storico Mino Milani, aiutato da un grandissimo Aldo Di Gennaro:

Una delle “colonne” del CdR sarà Alfredo Castelli, aiutato da Gomboli e altri amici, sia in alcune memorabili serie a fumetti (fra tutte, Gli Aristocratici), sia soprattutto nella serie di doppie, esilaranti tavole, di Tilt e con l’indimenticabile Omino Bufo: la più grande novità del Fumetto di quegli anni, perché profondamente rivoluzionaria: buttandola in ridere, osava dire la verità! Sul primo numero, questo ruolo dissacrante è affidato alla traduzione di una serie francese:

Ragazzi Zoom è la vera e propria rivista di informazione, all’interno del CdR. Equivale ad un ottimo settimanale per adulti.



Approfondimenti sulla situazione internazionale degni del miglior magazine anglosassone, e senz’altro fatti meglio di quelli coevi di Panorama e L’Espresso:
Lo sport è in secondo piano, ma ha un ruolo comunque essenziale. È trattato in modo molto più adulto e consapevole che nei settimanali “popolari” dell’epoca, come L’intrepido:

E anche per lo sport, l’aspetto “educativo” è affidato a sopraffine storie a fumetti:

Giustamente, alla TV (che ucciderà il Cdr, il Cdp e un po’ tutti i settimanali simili…) viene lasciato uno spazio meno importante:

Il grandissimo Jacovitti, già pilastro del Vittorioso e del Giorno dei Ragazzi (lo vedremo abbondantemente in seguito), è in questo periodo in forza a Via Solferino, e propone nientemeno che una versione aggiornata di Cip e Zagar, una delle sue serie più antiche:

Dell’antica impostazione del Corriere dei Piccoli, sopravvive il racconto in testo:

La parte “per ragazzine” del CdR è quella di impostazione più tradizionale, sia pure con un soffio di fresca “modernità”. Non riporto le meravigliose tavole di Valentina di Grazia Nidasio, perché già postate in precedenza, ma anche perché ne mostrerò almeno un’altra prossimamente.
Alcune serie francesi, senz’altro minori:

Il grandissimo Lucky Luke di Morris e Goscinny: sarà difficile averne un’edizione italiana completa: mi pare che ancora, con ben quattro editori diversi, non ci siamo:

Si termina con le stimolanti lettere al direttore: tra le righe, c’è tutta l’impostazione “ideologica “ del settimanale. Seguono le pagine della pubblicità, e le armi giocattolo in quarta di copertina, visti i tempi, fanno accapponare la pelle. Ma è un brivido dal senno del poi:

mercoledì 11 febbraio 2009

Saltiamo in senso topografico, mantenendo però la coerenza logica e storica con quanto trattato nel post precedente, passando direttamente allo:

Scaffale 12




Il Corriere dei Ragazzi, contenuto integralmente in questo scaffale e nel precedente, nacque nel 1971: tecnicamente fu una “gemmazione” (gli americani direbbero uno spin off) del CdP, in pratica fu la trasformazione di quest’ultimo da settimanale per l’infanzia e l’adolescenza, a periodico per ragazzi, decisamente più “adulto” come contenuti e anche come forma. Possiedo la collezione completa della testata, fino alla sua trasformazione – rovinosa – in CorrierBoy, nel 1976: in tutto, sei anni memorabili, che hanno segnato un’intera generazione di ragazzi. Fumetti straordinari, autori stellari, ma non solo…

Prima ho usato il termine “gemmazione”, perché il Cdp continuò ad esistere, inizialmente solo come inserto al Cdr, poi fu di nuovo in edicola in modo indipendente. Dopo il compimento della parabola autodistruttiva del “fratello maggiore”, il Corrierino vivacchiò, fra pochi alti e molti bassi, fino agli anni Ottanta, quando fu soppresso brutalmente. E oggi ne celebrano il centenario… Mamma mia, che ipocrisia. Ecco i supplementi, inserti della prima annata del Cdr:

Ma questi albetti, per quanto graziosi, mettono tristezza. Meglio dare un’occhiata semi-panoramica ai primissimi numeri del Corriere dei Ragazzi:

Le copertine, opera di Franco Bruna, ci danno subito il senso della scelta editoriale di allora: non solo fumetti, ma anche – forse soprattutto – attualità, spettacolo, e, come vedremo poi, grande informazione. E con queste immagini arriva anche una bella scarica adrenalinica di nostalgia allo stato puro: come sono lontani, gli anni Settanta, eppure ancora così vicini alla nostra sensibilità di cinquantenni… Vero, Luca? Vero, Gianfranco? Vero, Franco?
Nel prossimo post, che ne dite di analizzare, quasi pagina per pagina, il primo numero del Corriere dei Ragazzi?